La Nuova Sardegna

Argia, il ragno del demonio: nuovi avvistamenti in Sardegna, paure e falsi miti

di Antonello Palmas
Un'argianella in una foto gentilmente concessa da Alessandro Spiga
Un'argianella in una foto gentilmente concessa da Alessandro Spiga

Segnalati esemplari di malmignatta a Siniscola, Carbonia e nel Cagliaritano

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SASSARI. Sono in grado di scatenare paure ancestrali, tanto da aver scomodato la scienza per definire un particolare tipo di avversione, l’aracnofobia.

Eppure i ragni sono timidi e schivi. Perlomeno quelli presenti in Sardegna, dove però ci sono un paio di specie che sarebbe opportuno evitare di andare involontariamente a disturbare: si parla soprattutto della temutissima malmignatta (o argia), cui sono legate parecchie leggende e di cui di recente sono stati avvistati degli esemplari a Siniscola, a Carbonia e nel Cagliaritano, facendo rinascere la paura; e del meno noto ragno violino.

Entrambi sono in grado di provocare spiacevoli effetti, in particolare l’argia è potenzialmente mortale, anche se da diversi decenni non si ha notizia di vittime.

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«Tutti i ragni hanno un veleno per catturare le prede – spiega Marco Colombo, 27 anni, laureato in Scienze Naturali, fotografo naturalista che vive vicino a Varese –, da capire solo quali hanno rilevanza medica per l'essere umano. Oltre a malmignatta e violino, c’è il Cheiracanthium, o ragno dal sacco giallo, assente nell’isola».

Premette Colombo: «In generale è difficile farsi mordere dai ragni, in particolare dalle due specie sarde. Certo il nostro ragno violino può vivere vicino alle abitazioni, può entrare in casa e nascondersi, ad esempio, in una pantofola. L’incontro con la malmignatta è un'evenienza ancora più difficile, visto che non abbandona mai la ragnatela».

L’argia, nera con macchie rosse sull'addome, si trova nella macchia mediterranea, in pinete e rimboschimenti costieri, nei muretti a secco. «Costruisce la ragnatela vicino al terreno – spiega –, in maniera disordinata. Ha dei fili che arrivano sino a terra, le prede (insetti o altri ragni) vi restano impigliate, il ragno le sente e le ghermisce.

L’allarmismo è fuori luogo: «Non ci sono stati molti casi mortali. Inizialmente non si avverte dolore, ma i sintomi sono ben chiari (conati, vomito, sudorazione, nausea, febbre) e danno il tempo di intervenire. Raramente si arriva alla morte, a meno che non si tratti di persone molto debilitate».

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Ma spesso si è temuto per la vita di chi è stato morso. Anticamente il rimedio alla presunta “possessione” di cui era preda la persona vittima dal ragno, erano canti e balli cui partecipava tutta la comunità, fatti per scoprire le caratteristiche dell’argia (sposata, nubile o vedova) e costringerla a lasciare il malcapitato, tradizione nata in Puglia con la tarantella.

«E poi c’è il ragno violino (o Loxosceles) – dice Colombo –. Anonimo dal punto di vista del colore (paglierino), non costruisce vere e proprie ragnatele, vive sotto le pietre. Stende una seta azzurrina di pochi centimetri dove vive, catturando piccoli insetti. È temuto perché il veleno provoca la necrosi dei tessuti vicini al punto del morso». E sottolinea che «occorre tener conto che esistono e basta tenere una normale prudenza: non mettere le mani nei muretti a secco, non camminare a piedi nudi, non raccogliere fascine di legna senza controllarle prima. Ma sono cose da evitare in qualunque parte del mondo».

La Sardegna ha qualche centinaio di specie, tra cui il ragno-vespa, Argiope bruennichi, a strisce gialle, nere e bianche. Costruisce ragnatele tra viti, cespugli e asfodeli. «La sua ragnatela ha una particolarità: al centro ha un filo molto più spesso e bianco a forma di zig zag e si pensa che serva a segnalarne la presenza ai piccoli uccelli, che la distruggerebbero inavvertitamente».

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Poi sono comuni i ragni-botola, che non fanno ragnatela ma gallerie nel terreno e chiudono l'imboccatura con un tappo mimetico, uscendo la notte per catturare prede. E il Papà Gambalunga, il più facile da trovare: innocuo, sta spesso in cantina ma anche in casa, ha il corpo piccolo e zampe molto lunghe.

Sappiamo poco ancora degli aracnidi. «Lo dimostra il fatto che continuiamo a scoprire nuove specie, che magari sono sempre state qui. La loro seta è stata studiata in bioingegneria per coprire i segreti della loro resistenza. E il veleno può avere ricadute a livello farmaceutico e medico. Combatterli è una cattiva idea, non sono dannosi per colture, hanno ruolo fondamentale nel contenimento degli insetti dannosi. Sono stati fatti studi in coltivazioni di alberi da frutto e si è scoperto che quelli che avevano vicino strutture adatte a ospitare ragni avevano meno parassiti. Certo – dice Colombo – possono fare impressione e non piacere a tutti, ma la vicinanza dei ragni alla lunga ci facilita la vita».

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