La Nuova Sardegna

Blitz dell’Aurelia

Dalla voce l’identità dei rapinatori sardi: l’assalto al portavalori verso la svolta

di Luigi Soriga
Dalla voce l’identità dei rapinatori sardi: l’assalto al portavalori verso la svolta

I file con le tracce audio verranno comparati con il materiale in possesso della Dda di Cagliari

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Sassari In genere a tradire è un’impronta, o la macchia di sangue, la traccia di un Dna. Questa volta potrebbe essere una voce. La voce che ordina. Che urla. Che rivela chiaro l’accento. Durante l’assalto armato al portavalori della Battistolli, lungo la Variante Aurelia, i banditi hanno parlato. Quelle parole, registrate da telefoni e dashcam, sono ora la prova principale nelle mani degli inquirenti. Campionate, ripulite, analizzate frame per frame dal Racis – il Reparto scientifico dei carabinieri – offrono il racconto sonoro dell’assalto. Sono diventate indizi e parlano chiaro: sono sarde. Con una provenienza molto particolare: zona Nuorese. Difficile dissimularlo. Inutile provarci. In un momento di così alta tensione, la voce si rivela per quella che è: nuda e genuina. Per questo gli investigatori – nucleo investigativo di Livorno, compagnia di Piombino – non hanno dubbi. La banda arriva dalla Sardegna. O ci vive. O ci è cresciuta.

La pista sarda prende sempre più consistenza. E ora le tracce audio e quelle voci verranno comparate con il materiale relativo agli altri colpi messi a segno nell’isola, in possesso dalla Dda di Cagliari. Il curriculum di assalti ai portavalori è bello corposo. Il know-how dei blitz ai blindati ha una lunga genealogia. Tecniche affinate. Esplosivi selezionati. Furgoni rubati e bruciati.

Il 28 marzo, lungo l’asfalto interrotto della Variante Aurelia, alle porte di San Vincenzo, un commando paramilitare aveva assaltato un furgone portavalori della Battistolli. Tre milioni di euro in contanti. Pensioni. Destinazione: Maremma. Cinque guardie giurate. Due furgoni blindati. Poi è esploso il caos. Due furgoni rubati messi di traverso sulla carreggiata. Auto in fiamme. Kalashnikov in mano. Passamontagna sul volto. Tutto pianificato a tavolino, un piano ben rodato. I due furgoni usati per bloccare la strada arrivavano dalla provincia di Siena. Le auto – due Volvo – erano state rubate a Roma mesi prima. Minacciandolo con un fucile puntato in faccia, uno dei rapinatori aveva costretto poi un medico di Orbetello, in coda per tornare a casa, a scendere dalla vettura, portandosi via la sua Volkswagen Tiguan. Su una delle macchine ritrovate è stata poi sequestrata una pistola. All’inizio si pensò ad una svista grossolana, ma invece il commando era troppo esperto e professionale per commettere un simile passo falso.

Dopo un rapido accertamento, la pistola è risultata appartenere a una delle cinque guardie giurate – quattro uomini e una donna – costrette a scendere dai due furgoni, disarmate e obbligate a camminare verso la galleria della “superstrada”. In modo da allontanarsi dai mezzi blindati, che la banda nel frattempo stava prosciugando di tutti i contanti. Scene, in quei concitati momenti, che sono state documentate da diversi filmati. E proprio su questi video si è posata l’attenzione dei carabinieri. I militari infatti hanno chiesto a tutti i testimoni che avevano assistito all’assalto, e anche ai cittadini di San Vincenzo e dintorni, di consegnare qualunque registrazione fatta in quei minuti. Ora gli esperti vivisezioneranno quei file mp4, separando le tracce video da quelle audio, ripulendo queste ultime dai rumori di fondo, ed estraendo il suono delle voci nella maniera più nitida possibile. Ma c’è un altro elemento investigativo di rilievo: anche l’esplosivo usato per far saltare il blindato è finito sotto i microscopi forensi. Gli inquirenti cercano la firma chimica, la composizione, la provenienza. Un codice invisibile. Ma ogni bomba porta il suo marchio.

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