La Nuova Sardegna

Riforma degli enti locali della Sardegna: ecco chi guadagna e chi perde

di Alessandro Pirina
Riforma degli enti locali della Sardegna: ecco chi guadagna e chi perde

La legge appena approvata dal consiglio regionale entrerà in vigore a metà meggio: una rivoluzione che costerà 600 milioni di euro

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SASSARI. L’isola riparte dalle Unioni dei comuni. La nuova Sardegna disegnata dal Consiglio regionale dice addio alle vecchie province e prevede una nuova architettura che si fonda sulle aggregazioni tra più centri vicini. Una rivoluzione non solo geografica. Perché la cancellazione delle province comporterà una ridistribuzione di tutte le sue funzioni, il trasferimento del personale da un ente all’altro e una nuova forma di finanziamento per quegli enti rinforzati che saranno la Città metropolitana di Cagliari e la Rete metropolitana di Sassari. Una Sardegna a due velocità, insomma. Con i due storici capoluoghi da una parte e il resto dell’isola dall’altra. Una nuova cartina mal digerita da quei territori - Olbia su tutti, ma anche Nuoro, Oristano, Sulcis, Ogliastra - che si sono visti ridimensionati.

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I termini. Il nuovo assetto diverrà effettivo entro 105 giorni dalla approvazione della legge. La nuova Sardegna, dunque, vedrà la luce a metà maggio. Sarà entro quella data che i comuni dovranno per forza associarsi in unioni. Un obbligo che non riguarda né i 17 comuni della Città metropolitana di Cagliari, né le città medie Sassari, Olbia, Nuoro, Oristano, Carbonia-Iglesias. Ma mentre la prima darà vita alla Rete metropolitana, equiparata allo status di Cagliari, le altre città dovranno accontentarsi delle Rete urbana.

Province storiche. Una rivoluzione della cartina geopolitica isolana divenuta necessaria dopo il referendum del 2012 che aveva cancellato le 8 province. Una consultazione ribattezzata anticasta, ma che di fatto ha complicato l’iter della riforma. Per abolire le province storiche, previste dalla Costituzione, bisogna infatti attendere ottobre, quando gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi sulla riforma Boschi. E, infatti, fino ad allora resteranno in vita le vecchie province di Sassari, Nuoro, Oristano, mentre Cagliari sarà sostituita dalla nuova provincia del Sud.

Costi invariati. La riforma costerà 600 milioni di euro. Stessa cifra di quello che era il costo annuale delle vecchie province. Dunque, nessuna cura dimagrante, ma solo un necessario riordino degli enti locali, anche alla luce della legge Delrio, che si appresta a ridisegnare un’Italia senza province.

Duemila dipendenti. Il via libera del Consiglio regionale alla riforma Erriu ha fatto tirare un enorme sospiro di sollievo al centrosinistra che in questi mesi ha dovuto affrontare divisioni e scontri. Ma soprattutto è stato accolto come una liberazione dai dipendenti delle vecchie 8 province che da quasi 4 anni, da quando il referendum ne aveva sancito la cancellazione, vivevano nella più totale incertezza. Duemila lavoratori che potranno conservare il loro posto e le loro mansioni. A cambiare sarà il referente e in alcuni casi il luogo di lavoro.

Competenze. Il loro ente di riferimento, infatti, non sarà più la provincia ma l’Unione dei comuni. Ad essa verranno conferite quasi tutte le funzioni che facevano capo alla provincia. Dalle risorse idriche all’agricoltura, al commercio, ma anche beni e attività culturali, sport, cultura e lingua sarda, istruzione, viabilità, turismo. Entro tre mesi la giunta dovrà stabilire in quale momento le funzioni traslocheranno alle Unioni. Un passaggio che avverrà gradualmente, in base alla complessità del settore. Con la stessa delibera verrà avviato anche il percorso di trasferimento del personale, che seguirà il settore di appartenenza. Con l’obiettivo di confermare i lavoratori nei loro territori. Un obiettivo che sarà più facile da raggiungere laddove ci saranno enti più titolati.

L’Agenzia per il lavoro. Tutte le funzioni, dunque, dalle province alle Unioni dei comuni. A fare eccezione sarà solo il lavoro, che invece sarà trasferito alla Regione. I dipendenti degli attuali Csl, centri servizi per il lavoro, passeranno sotto l’Agenzia regionale prevista dal disegno di legge 216. E in questo caso i tempi per il loro trasferimento saranno dettati in un secondo momento dalla legge che istituirà l’Agenzia.

Scuole e strade. La riforma che di fatto ha cancellato le Province continua a mantenerle in vita. Ma diversamente non potrebbe fare. Anche perché finché non viene modificata la Costituzione le vecchie province continuano a esistere. E così fino a ottobre, quando è previsto il referendum costituzionale, viabilità e istruzione saranno ancora di competenza degli storici enti. E, dunque, anche i lavoratori di quei settori. La Gallura tornerà sotto Sassari, l’Ogliastra sotto Nuoro, Medio Campidano e Sulcis Iglesiente al Sud.

Ambiti strategici. Quelle funzioni poi dovrebbero essere trasferite alle Unioni dei comuni, ma solo sulla carta. Alla fine infatti dovrebbero passare agli Ambiti territoriali strategici, i nuovi enti formati da più unioni di comuni a cui competeranno le funzioni di area vasta già esercitate dalle Province. Dunque, le competenze su strade e scuole resteranno dove sono, anche perché sarebbe complicato ridurle a un livello comunale e impossibile attribuirle in blocco alla Regione.

Finanziamenti. È stato il tema che più di tutti ha infuocato il clima intorno alla riforma. Perché a ogni ente equivale un tipo di finanziamento. Tutte le Unioni dei comuni concorreranno alla ripartizione del Fondo unico regionale, che la Regione auspica di poter incrementare. Più soldi arriveranno invece a Cagliari grazie allo status di città metropolitana, ma anche a Sassari, la cui Rete metropolitana dovrà essere equiparata a Cagliari con una norma di attuazione. Per queste unioni speciali, dunque, fondi ad hoc non solo regionali, ma anche nazionali ed europei.

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