La Nuova Sardegna

Cinghiali, ora è invasione: campagne in ginocchio

Antonello Palmas
Cinghiali, ora è invasione: campagne in ginocchio

In dieci anni sono raddoppiati, si stima che nell’isola siano oltre 90mila. La responsabilità della diffusione è dell’uomo che li ha introdotti per la caccia

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SASSARI. Difficile contrastarli ora che il danno è stato fatto. I cinghiali sono diventati obiettivamente un problema sotto vari profili, in particolare sul piano economico, con danni sempre più diffusi all’agricoltura. Ma anche sotto quello della sicurezza: incidenti stradali decuplicati nel giro di 12 anni, dai circa 60 del 2001 agli oltre 500 del 2013; da allora si segnala un certo contenimento del fenomeno ma la percezione è quella di un aumento, legata al fatto che sempre più spesso gli ungulati si fanno vivi a ridosso dei centri abitati, addirittura in strade cittadine e giardini privati. Non sempre va a finire bene per l’essere umano che incappa nei suini. Lo scorso giugno un forestale morì dissanguato dopo l’aggressione di un cinghiale sfuggito alla trappola di un bracconiere a Villaputzu.

Folli introduzioni. Ci sono molti errori dietro questa invasione, spiega Stefano Deliperi, dell’associazione ambientalista Gruppo di intervento giuridico: «Non in tutte le zone c’è stato un aumento così forte, ma solo in quelle nelle quali la follia umana ha spinto verso l’introduzione di selvatici in ambienti nei quali erano assenti a scopo venatorio; e poi l’incrocio dei cinghiali allevati allo stato brado e che hanno dato luogo a ibridi, come a La Maddalena e Carloforte dove il fenomeno è particolarmente evidente. Ecco perché si trovano sempre più spesso animali enormi, che prima non c’erano. Questione che si lega alla diffusione della peste suina africana».

Raddoppiati in 10 anni. A pagare il conto della cattiva gestione del territorio sono soprattutto gli agricoltori. «Molte aziende sono in balia dei selvatici – dice Coldiretti – altre, tante, subiscono danni “stagionali” non ingenti ma che comunque creano disagi e costi». Dal 2005 al 2015 i cinghiali sono quasi raddoppiati (dato nazionale) passando da 600mila a 1milione. In Sardegna l’esercito dei cinghiali è stimato in oltre 90mila capi sparsi in tutto il territorio regionale, 10 anni fa la sua presenza non era così massiccia ovunque. I danni provocati dai cinghiali secondo uno studio della Regione sono cresciuti tendenzialmente dal 2008 al 2013, superando i 400 mila euro (il 67% di quelli provocati da tutti gli animali selvatici).

Aziende in difficoltà. «Dove arriva il cinghiale, oltre ai danni alle colture, si constatano anche quelli i ambientali con diminuzione della presenza delle altre specie – dice Coldiretti – Questo avvicinamento è dovuto soprattutto alla ricerca di cibo. Le annate siccitose e l'abbandono da parte dell'uomo dei terreni per via dello spopolamento, con il conseguente aumento della superficie boschiva (negli anni 40 occupava il 13%, ed era la più bassa d’Europa, oggi siamo al 54%) ha portato i cinghiali ma anche gli altri selvatici a spingersi verso nuovi pascoli e nuove riserve di cibo». Il risultato è l’aumento del numero di danni gravi alle aziende agricole. Recinzioni divelte, erbai arati, colture distrutte insieme alle attrezzature (ad esempio, i tubi dell’irrigazione). «Danni consistenti per via dei quali viene a mancare la stabilità e la certezza delle produzioni – spiegano da Coldiretti – ai pastori mancano i pascoli e agli agricoltori i prodotti da portare nei mercati».

Risarcimenti, poche richieste. «Il problema dei selvatici è da tempo una delle priorità che stiamo segnalando alle Regione – spiega il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu – Un problema che si sta incancrenendo in alcuni territori. Credo che sia chiaro a tutti che si debba trovare una soluzione al fenomeno e che quelli adottati fino ad oggi hanno fallito o comunque non sono adeguati». «Riteniamo che si debba partire da un censimento dei selvatici – sottolinea il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – per trovare le soluzioni. Siamo pronti al dialogo e aperti a tutte le soluzioni purché si tutelino le aziende agricole che devono avere certezza e punti di riferimento fermi». Quelle che formalizzano la denuncia dei danni sono pochissime, anche perché vanno a scontrarsi con un sistema che Coldiretti definisce «farraginoso e burocratico, che non dà risposte. La mancanza di richieste di risarcimento porta alla ulteriore riduzione dei pochi fondi stanziati per indennizzare in parte i danni ed è dando motivo alle istituzioni per minimizzare il problema e relegarlo tra quelli insignificanti.

Gli errori dell’uomo. Il cinghiale non ha predatori naturali a parte l’uomo e (per quanto riguarda i suoi piccoli, qualche rapace o la volpe). «Logico che si diffonda con tanta facilità – spiega l’ambientalista Deliperi – grazie anche al fatto che gli ibridi sono frutto di incroci con maiali selezionati per figliare due o tre volte l’anno». La convinzione è che la soluzione sia la doppietta, ma l’esperto del Grig spiega che le cose non stanno così, supportato da una serie di studi: «In realtà più cinghiali uccidi, più liberi nicchie ecologiche che vengono riempite da altri cinghiali in breve tempo. L’abbandono delle campagne ha dato più spazio ai cinghiali. Si è tentata una sperimentazione di utilizzo di metodi contraccettivi diffusi col mangime che potrebbe dare risultati». In Continente si sono ottenuti grazie a recinzioni elettriche. «Ma non servirà a nulla se in Sardegna si proseguirà con la pratica del pascolo brado».

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