Dal carbone alla svolta eco, in bilico la dorsale sarda del gas
L'Ue dice basta alle emissioni, in Sardegna infuria la battaglia sul metano
SASSARI. La svolta green dell'Europa arriva in un momento cruciale per la Sardegna. Perché, se è vero che l'addio al carbone fissato al 2025 e lo sforzo annunciato in direzione delle energie rinnovabili riguarda tutti i paesi Ue, di sicuro impone scelte più rapide a chi al momento non ha una alternativa al carbone. La Sardegna appunto, unica regione in Italia dove non c'è il gas metano e dove le uniche due centrali elettriche - Fiume Santo nel Sassarese e Portovesme nel Sulcis - sono alimentate a carbone. Dunque il phase out alle porte richiede una strategia energetica che possa consentire di affrontare la fase di transizione che inizierà con lo spegnimento delle centrali a carbone e camminerà in direzione della neutralità climatica predicata dall'Europa: il 2050 secondo i piani dovrà essere l'anno delle emissioni zero. Se il percorso tracciato è chiaro e gli obiettivi condivisi, in Sardegna ci sono ancora dubbi su come declinare le indicazioni. In particolare, resta da capire come la svolta ecologista dell'Europa inciderà sulle scelte che riguarderanno la distribuzione del metano, la fonte energetica che dovrà garantire la stabilità alla Sardegna orfana del carbone. Se sul gas tutti sono d'accordo, lo scontro è in atto sulla dorsale, il tubo sotto la pancia dell'isola: il progetto c'è e il via libera tecnico è arrivato. Ma non quello politico, da parte di un governo a due anime che sull'argomento ha pareri opposti: l'anima rossa favorevole alla dorsale, l'anima gialla pentastellata che nutre fortissimi dubbi. Una divisione sulla quale si innesta il piano verde dell'Europa con effetti per ora imprevedibili. Anche di questo probabilmente si parlerà il 31 gennaio al Mise, nel tavolo ufficialmente convocato dal sottosegretario Alessandra Todde, M5s, per discutere del phase out dal carbone.
Green deal e carbone. Nel maxi piano da 1000 miliardi approvato dal Parlamento europeo nella seduta del 14 gennaio, anche la Sardegna è chiamata implicitamente in causa. L'Europa ha deliberato di utilizzare 100 miliardi del fondo di transizione per progetti legati alle bonifiche ambientali di siti inquinati - per esempio le realtà industriali abbandonate - e per affrontare l'uscita dal carbone, con iniezioni di risorse per sostenere la riconversione delle centrali alimentate dal combustibile fossile pesante e inquinante. Ancora non c'è chiarezza sugli importi che saranno destinati agli Stati: di sicuro la Polonia riceverà una fetta grossa della torta ma anche l'Italia avrà un ruolo di primo piano. Spetterà al governo distribuire i fondi (si ipotizza 4 miliardi) per dare gambe ai progetti nei siti individuati: in Italia le priorità sono considerate l'ex Ilva di Taranto, la Sardegna con il polo petrolchimico di Porto Torrese e i siti minerari dismessi del Sulcis, la Lombardia e il Piemonte per il tessuto industriale ricco e inquinante. Ma i fondi iniziali, che dovranno essere integrati con forme di cofinanziamento pubblico e privato, saranno destinati in particolare a quelle realtà dove è più forte la dipendenza da carbone e dove dunque il phase out si annuncia più complesso: ecco perché la Sardegna, con le centrali elettriche di Fiume Santo e Portovesme, ritorna in primo piano.
Metano: dorsale sì o no. Entro il 2025 le due centrali dovranno produrre energia in altro modo. Altrimenti sulla Sardegna calerà il buio. La fonte alternativa è il metano ed è chiaro a tutti che bisogna avviare la distribuzione prima possibile. Ma come? La Regione di centrodestra, in linea con la precedente di centrosinistra, punta sulla dorsale con il sostegno dei sindacati. Il governo nicchia: il Movimento 5 stelle del premier Conte e del sottosegretario al Mise Todde promuove il gas metano nella fase di transizione ma punta sull'elettrodotto Sicilia-Sardegna con l'obiettivo di rendere quella elettrica la fonte principale di energia in Sardegna e considerando la dorsale del gas opera non necessaria alla luce dei costi e dei tempi di realizzazione. Non solo: nel discorso si inserisce il nodo delle tariffe. È di pochi giorni fa la delibera dell'Arera, l'Autorità dell'energia, che punta a identificare un ambito tariffario unico per le isole, diverso da quello del resto della Penisola, dove -dalla Lombardia alla Calabria - tutti pagano il gas allo stesso modo. La differenziazione comporterebbe una spesa superiore per i sardi, perché nella bolletta verrebbero spalmati i costi relativi alla realizzazione dell'infrastruttura. Per evitare che questo accada, serve un provvedimento del Governo, sollecitato dalla stessa Arera. Che ha affidato a una società l'analisi dei costi e dei benefici per stabilire le migliori modalità dei distribuzione del metano in Sardegna: il verdetto è atteso a fine marzo-inizio aprile. E dopo il green deal, è chiaro che l'occhio sarà rivolto in maniera particolare alla riduzione delle emissioni inquinanti, così come chiede l'Europa. ©RIPRODUZIONE RISERVATA