L'esperto: «Peste suina vicina al ko, presto stop all’embargo»
di Giusy Ferreli
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Lo studioso spagnolo Jose Manuel Sanchez-Vizcaino RodriguezLo studioso spagnolo Vizcaino racconta i progressi nella lotta alla Psa nell’isola: siamo un passo dal successo grazie all’abbattimento dei maiali allo stato brado
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LANUSEI. Da quando il virus della peste suina africana ha fatto la sua comparsa in Sardegna sono passati più di quaranta anni. Era il 1978. Un lungo e disastroso periodo per l’economia isolana e per il comparto suinicolo in particolare che, sotto embargo commerciale per decenni, non ha potuto esprimere le sue enormi potenzialità. La situazione è però cambiata: l’Unità di progetto, organismo regionale nato nel 2014 per debellare definitivamente la peste suina, si trova a un passo dal festeggiare l’eradicazione della malattia.
Tra gli artefici del cambio di passo nella lotta alla malattia, uno dei massimi esperti internazionali, il professor José Manuel Sanchez-Vizcaino Rodriguez, studioso dell’università di Madrid e padre dell’eradicazione della Psa in Spagna, Cile e altre realtà dell’America Latina, chiamato in Sardegna a dare il suo contributo ai colleghi isolani. Pugno di ferro in guanto di velluto, suoi i consigli sulle misure da mettere in atto per contrastare la malattia, a partire dall’abbattimento dei suini clandestini. Misure drastiche per quanto sofferte che, tuttavia, hanno finalmente colpito nel segno.
Questi i numeri della battaglia: dal 2015 a oggi sono stati abbattuti quasi 4.500 suini allo stato brado: il 90 per cento tra Barbagia e Ogliastra. Per ciò che riguarda la presenza del virus negli allevamenti, nel triennio 2012-2014 i focolai registrati nelle aziende erano stati 223, con un picco di 109 nel 2013; nel triennio 2015-2017 si è scesi a 56; mentre nel 2018 ci si è fermati a 5. Zero nel 2019. L’ultimo focolaio è stato registrato a Mamoiada a settembre 2018. In controtendenza rispetto al resto del mondo, dove il morbo fa paura più che mai la battaglia, nell’isola è a un passo dall’essere vinta.
Ma bisogna seguire ancora degli accorgimenti.
Professor Vizcaino, in tutto il mondo dilaga la peste suina africana, ma in Sardegna i dati ci dicono che siamo alle battute finali. È vero che nell’isola il vero contenitore della malattia sono stati i maiali al pascolo brado, mentre nei contagi del resto dell’Europa sta giocando un ruolo determinante il cinghiale?
«Sono informato della situazione della Psa in Sardegna, che sta evolvendo in modo molto favorevole. È stato fondamentale adottare le misure necessarie nei confronti dei maiali bradi, così come avevo sempre raccomandato ai miei colleghi sardi. Ora è sempre più chiaro che i maiali bradi erano il più importante serbatoio e fonte di infezione per i suini domestici e per i cinghiali. Sono contentissimo di vedere che la Sardegna è a un passo dalla definitiva eradicazione del virus, mentre purtroppo la malattia in molti paesi, in Europa e Asia, sta causando enormi problemi. Nell’Europa continentale il cinghiale rappresenta il rischio principale e sarà perciò molto difficile fermare la malattia nei paesi colpiti. Spero che un vaccino possa essere presto disponibile. Stiamo lavorando molto intensamente, nel contesto del progetto Vacdiva. Ma la Sardegna non ha bisogno di un vaccino: la situazione è diversa e il virus si sta autoestinguendo dai cinghiali».
Una volta sconfitta la malattia cosa bisognerà fare? Sarà necessario un periodo di monitoraggio e di sorveglianza sempre senza pascolo brado?
«Sarà essenziale assicurare che nessun maiale sia tenuto allo stato brado per almeno un paio di anni ancora, e se ci sono ancora dei maiali in giro, questi devono essere eliminati. E anche il rischio rappresentato dalla Trichinella non deve essere dimenticato. Non è concepibile che si torni alla situazione di anarchia del passato. Spero che le autorità veterinarie sarde mantengano un elevato livello di controllo dell’intero settore suinicolo, sia negli allevamenti intensivi che tradizionali, perché questo è importantissimo per assicurare che le carni e i salumi sardi abbiano accesso ai mercati europei e mondiali».
Cosa dovrà fare la Regione con la Commissione europea per superare le restrizioni che ci impediscono di commercializzazione fuori regione le nostre carni e i salumi?
«Sono fiducioso che le autorità della Sardegna saranno presto nella condizione di presentare un quadro della situazione molto favorevole a Roma. E che, assieme, le autorità sarde e quelle nazionali vadano a Bruxelles per ottenere il cambiamento dello “status” della Sardegna rispetto alla Psa. In questo modo i produttori sardi potranno finalmente vendere al di fuori dell’isola i loro prodotti. Sarà un bellissimo giorno per tutti noi, spero che si avveri molto presto».
Professore, la Spagna si è liberata del genotipo 1 della Peste suina africana negli anni Novanta: adesso non avete paura che arrivi il genotipo 2 che da est sta minacciando i confini della Germania?
«Il mondo intero è terrorizzato dall’avanzare della malattia e anche in Spagna siamo molto preoccupati perché la malattia si avvicina sempre più ma speriamo anche che le ricerche in corso per lo sviluppo di un vaccino nel contesto del progetto europeo Vacdiva possano portare a buoni risultati. Anche i colleghi dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna sono coinvolti nel progetto assieme ad altri venti partner, europei e non. Il progetto è finanziato dalla Unione europea e io ho l’onore di esserne il coordinatore. I primi risultati sono incoraggianti ma abbiamo ancora bisogno di un paio di anni per finalizzarli. Prima il vaccino sarà sviluppato e disponibile sul mercato, meglio sarà per i produttori suinicoli in tutto il mondo».
Tra gli artefici del cambio di passo nella lotta alla malattia, uno dei massimi esperti internazionali, il professor José Manuel Sanchez-Vizcaino Rodriguez, studioso dell’università di Madrid e padre dell’eradicazione della Psa in Spagna, Cile e altre realtà dell’America Latina, chiamato in Sardegna a dare il suo contributo ai colleghi isolani. Pugno di ferro in guanto di velluto, suoi i consigli sulle misure da mettere in atto per contrastare la malattia, a partire dall’abbattimento dei suini clandestini. Misure drastiche per quanto sofferte che, tuttavia, hanno finalmente colpito nel segno.
Questi i numeri della battaglia: dal 2015 a oggi sono stati abbattuti quasi 4.500 suini allo stato brado: il 90 per cento tra Barbagia e Ogliastra. Per ciò che riguarda la presenza del virus negli allevamenti, nel triennio 2012-2014 i focolai registrati nelle aziende erano stati 223, con un picco di 109 nel 2013; nel triennio 2015-2017 si è scesi a 56; mentre nel 2018 ci si è fermati a 5. Zero nel 2019. L’ultimo focolaio è stato registrato a Mamoiada a settembre 2018. In controtendenza rispetto al resto del mondo, dove il morbo fa paura più che mai la battaglia, nell’isola è a un passo dall’essere vinta.
Ma bisogna seguire ancora degli accorgimenti.
Professor Vizcaino, in tutto il mondo dilaga la peste suina africana, ma in Sardegna i dati ci dicono che siamo alle battute finali. È vero che nell’isola il vero contenitore della malattia sono stati i maiali al pascolo brado, mentre nei contagi del resto dell’Europa sta giocando un ruolo determinante il cinghiale?
«Sono informato della situazione della Psa in Sardegna, che sta evolvendo in modo molto favorevole. È stato fondamentale adottare le misure necessarie nei confronti dei maiali bradi, così come avevo sempre raccomandato ai miei colleghi sardi. Ora è sempre più chiaro che i maiali bradi erano il più importante serbatoio e fonte di infezione per i suini domestici e per i cinghiali. Sono contentissimo di vedere che la Sardegna è a un passo dalla definitiva eradicazione del virus, mentre purtroppo la malattia in molti paesi, in Europa e Asia, sta causando enormi problemi. Nell’Europa continentale il cinghiale rappresenta il rischio principale e sarà perciò molto difficile fermare la malattia nei paesi colpiti. Spero che un vaccino possa essere presto disponibile. Stiamo lavorando molto intensamente, nel contesto del progetto Vacdiva. Ma la Sardegna non ha bisogno di un vaccino: la situazione è diversa e il virus si sta autoestinguendo dai cinghiali».
Una volta sconfitta la malattia cosa bisognerà fare? Sarà necessario un periodo di monitoraggio e di sorveglianza sempre senza pascolo brado?
«Sarà essenziale assicurare che nessun maiale sia tenuto allo stato brado per almeno un paio di anni ancora, e se ci sono ancora dei maiali in giro, questi devono essere eliminati. E anche il rischio rappresentato dalla Trichinella non deve essere dimenticato. Non è concepibile che si torni alla situazione di anarchia del passato. Spero che le autorità veterinarie sarde mantengano un elevato livello di controllo dell’intero settore suinicolo, sia negli allevamenti intensivi che tradizionali, perché questo è importantissimo per assicurare che le carni e i salumi sardi abbiano accesso ai mercati europei e mondiali».
Cosa dovrà fare la Regione con la Commissione europea per superare le restrizioni che ci impediscono di commercializzazione fuori regione le nostre carni e i salumi?
«Sono fiducioso che le autorità della Sardegna saranno presto nella condizione di presentare un quadro della situazione molto favorevole a Roma. E che, assieme, le autorità sarde e quelle nazionali vadano a Bruxelles per ottenere il cambiamento dello “status” della Sardegna rispetto alla Psa. In questo modo i produttori sardi potranno finalmente vendere al di fuori dell’isola i loro prodotti. Sarà un bellissimo giorno per tutti noi, spero che si avveri molto presto».
Professore, la Spagna si è liberata del genotipo 1 della Peste suina africana negli anni Novanta: adesso non avete paura che arrivi il genotipo 2 che da est sta minacciando i confini della Germania?
«Il mondo intero è terrorizzato dall’avanzare della malattia e anche in Spagna siamo molto preoccupati perché la malattia si avvicina sempre più ma speriamo anche che le ricerche in corso per lo sviluppo di un vaccino nel contesto del progetto europeo Vacdiva possano portare a buoni risultati. Anche i colleghi dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna sono coinvolti nel progetto assieme ad altri venti partner, europei e non. Il progetto è finanziato dalla Unione europea e io ho l’onore di esserne il coordinatore. I primi risultati sono incoraggianti ma abbiamo ancora bisogno di un paio di anni per finalizzarli. Prima il vaccino sarà sviluppato e disponibile sul mercato, meglio sarà per i produttori suinicoli in tutto il mondo».