Solinas: «Pronte sei strutture per ospitare i turisti che dovessero risultare positivi»
Rapidità e quarantene: il piano della Regione. Il governatore spiega le misure adottate per prevenire nuovi contagi
SASSARI. La fase di riapertura della Sardegna è partita con più di una incertezza e col timore che quella curva dei contagi, così faticosamente piegata verso il basso, possa impennarsi nuovamente. Il presidente della Regione, Christian Solinas, rimane dell’opinione che si potessero fare cose diverse, ma dice che la Sardegna è preparata: «La maggioranza dei sardi chiede che vengano effettuati dei controlli - ribadisce -, non per finalità discriminatorie, quanto per la preoccupazione di garantire la salute pubblica, per sé e per chi arriva».
Presidente, ipotizzando l’arrivo di 2.5 milioni di persone. Ci sarà una presenza fisiologica di casi di positività. Questa prospettiva la spaventa?
«Non sono spaventato, ma sento la responsabilità di dovermi porre in anticipo di fronte alle possibili criticità per approntare le soluzioni idonee. È indispensabile mettere in campo tutte le cautele e approntare correttivi sul sistema sanitario, in modo da poter individuare rapidamente i nuovi casi e provvedere all’isolamento immediato».
E siamo pronti a fare questo?
«La proposta che avevamo fatto prevedeva un buon equilibrio tra le ragioni della riapertura delle attività e del rilancio economico con le esigenze della salvaguardia sanitaria. Si sono fatte tante polemiche e c’è stata più di una strumentalizzazione. Non si è valutato nel merito, ma sulla base di pregiudizi ideologici che non hanno consentito un giudizio sereno. Allora abbiamo fatto un passo avanti, mettendo in campo uno scenario alternativo: un sistema di controllo differenziato per chi arriva e uno sforzo organizzativo ulteriore sul piano sanitario».
Su registrazione e app ci sono stati ritardi e problemi...
«Abbiamo chiesto a chi arriva una registrazione che da questo fine settimana sarà solo in via telematica. Per quanto riguarda la app Sardegna sicura mi auguro che sia operativa in brevissimo tempo. Noi siamo pronti, bisogna attendere i tempi tecnici dei gestori di sistemi operativi. La registrazione ci consentirà di avere costantemente un quadro aggiornato per sapere dove i turisti vanno a localizzarsi. Questo ci darà, in caso di necessità, la possibilità di incrementare la capacità di risposta del sistema».
Nei primi giorni di riapertura in porti e aeroporti c’è stata di confusione: a chi spetta il ritiro dei moduli?
«L’ordinanza è chiara: il modulo va verificato all’atto dell’imbarco. Non si sarebbero potuti imbarcare quelli non in regola. All’arrivo i moduli vanno consegnati agli uffici delle autorità sanitarie dei porti e aeroporti. Gli Usmaf che hanno collaborato con noi nella fase dell’emergenza. Però è comprensibile che nella prima fase si possa ingenerare un po’ di confusione. Con la compilazione telematica si risolverà in maniera definitiva».
La registrazione è dunque obbligatoria e la app facoltativa?
«La registrazione obbligatoria è a favore del turista, per dare sicurezza in più. La app ha una parte obbligatoria, che è quella della registrazione, e due parti facoltative, quelle sul tracciamento degli spostamenti, che ci sarebbe molto utile, e sull’adesione a indagine epidemiologica».
Si è mai arrivati al limite di saturazione delle strutture?
«Abbiamo potenziato il sistema e bloccato gli arrivi, arrivando a una riduzione di quasi il 99 per cento. Grazie a queste misure non è stato necessario un utilizzo massiccio delle strutture. In più non c’è stata una circolazione territoriale. 246 Comuni sardi sono esenti dal contagio. E per gran parte la diffusione del virus è stata legata a ambienti chiusi o a contagi contratti all’esterno dell’isola».
In molti paesi i contagiati non sono stati trovati perché nessuno è andato a cercarli...
«Questo è un mito che va sfatato. Noi abbiamo applicato rigidamente le prescrizioni dell’Istituto superiore di sanità sull’esecuzione del tampone. Dire che in 246 comuni non li abbiamo trovati perchè non abbiamo fatto tamponi è falso. La statistica medica ci dice che dove ci sono sintomatici si sono anche gli asintomatici. Ogni 100 casi di Covid circa l’80 per 100 asintomatici, il 20 sintomatico con bisogno di cure. Difficile pensare che in così tanti paesi ci siano stati asintomatici e neppure un sintomatico. Comunque, per andare più a fondo, la Regione ha avviato un’indagine epidemiologica che campionerà molti Comuni dove non sono stati registrati casi».
A che punto è questa indagine?
«Sta procedendo. I primi blocchi sono stati rivolti al personale più esposto come forestale e 118. Poi le case di riposo: nel nord Sardegna, anche con l’aiuto della sanità militare, le abbiamo controllate tutte. Di pari passo sta procedendo anche l’indagine nazionale».
A proposito di test sierologici: il direttore generale dell’assessorato alla sanità li ha vietati. Perché?
«Il direttore si è limitato a esporre la posizione delle autorità sanitarie statali. Stiamo valutando con l’assessore Nieddu una liberalizzazione dei test. Ricordando che questi hanno un valore epidemiologico».
Torniamo alle preoccupazione dei tanti sardi per l’arrivo dei turisti. In un albergo si scopre che un ospite ha la febbre a 39. Cosa fate?
«Innanzitutto si comunica il caso al servizio di prevenzione competente per territorio. Prima si fa un’intervista telefonica e si verificano i sintomi. Se ricorrono le condizioni, si dispone il tampone che viene eseguito da squadre apposite dotate di tutte le protezioni necessarie. Se l’esito del tampone è positivo ci possono essere due casi. Il soggetto è sintomatico e ha necessità di cure: viene portato in ospedale. Se non ha sintomatologie viene isolato e condotto per il periodo di quarantena in strutture che la Regione ha individuato».
Che tipo di strutture? Requisite gli alberghi?
«Il piano di intervento prevede l’utilizzo di strutture di proprietà regionale. Ne abbiamo individuato diverse per territori di riferimento. Una al nord est dell’isola, due al nord ovest, una al centro e due al sud. In tutto 350-400 stanze con un layout di tipo alberghiero: ovvero bagno in camera e un solo paziente per ambiente. Si tratta di un piano modulare, che prevede l’attivazione di nuove strutture in caso di necessità. Solo in caso di raggiungimento del tetto di posti letto nelle strutture pubbliche si potrà pensare alla requisizione di strutture private».
Come va con le dotazioni di protezioni individuali?
«Le stiamo potenziando attraverso la centrale regionale di committenza, senza dimenticare che esiste procedura ordinaria che le Assl debono portare avanti per l’acquisizione dei dispositivi. Noi interveniamo in casi eccezionali, come è successo per l’emergenza, facendo fronte ai problemi legati a un fabbisogno straordinario e alla carenza nel mercato a livello mondiale. Nei magazzini della protezione civile c’è una buona dotazione di sistemi di protezione per le vie respiratorie. Su camici e tute ci sono ancora difficoltà di approvvigionamento».
Il turismo cerca faticosamente di ripartire. Molte Regioni italiane hanno lanciato campagne promozionali. Voi cosa state facendo? «Anche noi stiamo attivando delle campagne di promozione. L’assessorato sta anche portando avanti un progetto con consolati e ambasciate dei mercati di tradizionale affluenza per promuovere e informare sulla offerta turistica e sul valore aggiunto che l’isola può offrire con una sicurezza sanitaria importante con bassissima diffusione virale. Possiamo dare un messaggio rasserenante al turista».
I bambini sono stati un po’ trascurati sino a ora?
«Assolutamente no. Sono stati al centro della nostra preoccupazione. Ora alcune criticità oggettive si sono attenuate e questo sta determinando l’adozione di protocolli che consentiranno la riapertura di centri estivi e servizi dedicati».
Quando?
«Speriamo entro giugno di riattivare la totalità dei servizi».