La Nuova Sardegna

Il modello spagnolo nell’isola: Deiana: «Ipotesi da valutare»

di Claudio Zoccheddu
Il modello spagnolo nell’isola: Deiana: «Ipotesi da valutare»

L’ex assessore ai Trasporti della giunta Pigliaru propone un’analisi approfondita «Sono situazioni differenti ma prima di escluderla è necessario studiare i dati»

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SASSARI. L’idea di chiudere la porta in faccia all’ipotesi non la prende nemmeno in considerazione. Per Massimo Deiana, presidente dell’Autorità portuale unica della Sardegna ed ex assessore ai Trasporti della giunta Pigliaru, il “modello spagnolo” non è una soluzione irrealizzabile ma nemmeno la risposta a scatola chiusa in grado di risolvere tutti i problemi. Semplicemente ci sarebbe da ragionarci, costruire un modello da calzare addosso alla Sardegna e mettere insieme tutti i dati disponibili per completare una simulazione che potrebbe togliere tutti i dubbi. Non è facile, ma nemmeno impossibile.

L’analisi. Deiana parte dall’inizio: «Quello che viene chiamato “modello spagnolo” è in realtà una delle possibilità previste dalle normative di Stato. In Spagna è stato utilizzato per agevolare i collegamenti le Baleari e con le Canarie, che sono molto diverse dalla Sardegna e hanno un numero di biglietti in continuità territoriale molto inferiore. Inoltre si parla di un modello che si è stabilizzato da poco». Uno dei problemi del contributo del 75 per cento garantito al passeggero residente è proprio il portafoglio pubblico: «Potrebbe esserci un’incertezza iniziale su questo tema, perché sarebbe complicato avere una previsione precisa sulla dotazione necessaria». Non è l’unica zona d’ombra del modello utilizzato in Spagna, c’è un’altra incognita che rende meno appetibile il sistema di aiuti: «Perché non governa in alcun modo l’offerta. È vero che finanziando direttamente i passeggeri non si punta tutto su un unico vettore, come invece capita sulla continuità territoriale per la Sardegna – spiega Deiana – ma con un sistema di questo tipo non si possono stabilire le frequenze e tanto meno i posti a disposizione. Ci si deve affidare al libero mercato e alle tariffe proposte dai vettori». Per assurdo, il “sistema spagnolo” potrebbe pagare la fiducia concessa ai vettori: «Certo, se per qualche improbabile motivo i biglietti costassero all’improvviso 700 euro l’uno, anche pagandone il 75 per cento con un finanziamento pubblico la differenza sarebbe comunque un’enormità». L’ultima incognita è dettata dall’emergenza sanitaria: «Che non permette di ragionare su numeri concreti e di creare un modello di riferimento modulato sulla Sardegna – continua Deiana –. Il blocco degli aerei e delle navi durante il lockdown ha creato una situazione di incertezza mai provata. Se il periodo fosse diverso, questo non sarebbe un passaggio impossibile e si potrebbero reperire tutti i dati necessari per simulare l’impatto sulla Sardegna del modello utilizzato in Spagna». Difficile, quindi, ma per nulla impossibile. Anche se il momento è delicato e i dubbi sul futuro sono tanti. Mettere alla porta ogni tipo di ragionamento, però, sarebbe altrettanto controproducente: «Al contrario è opportuno spostarsi dall’ottica tradizionale, ragionare su tutte le ipotesi possibili e valutarne i pro e i contro», conclude Deiana.

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