La Nuova Sardegna

Tra tosse e raffreddori, i pediatri sardi “sotto assedio”

di Silvia Sanna
Tra tosse e raffreddori, i pediatri sardi “sotto assedio”

Boom di chiamate dall’inizio della scuola. Certificati, ecco quando servono

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SASSARI. Si viaggia a una media di 30 consulti telefonici al giorno: il bambino ha temperatura superiore a 37.5, oppure tosse e mal di gola, o appare stranamente affaticato. In presenza di anche soltanto uno di questi sintomi, il bambino non va a scuola e la famiglia chiama il pediatra: questo prevedono le linee guida del ministero sulla gestione dell’emergenza Covid in presenza di sintomi sospetti. Che non devono mai essere sottovalutati: «È un atto di responsabilità chiamare il medico – spiega Osama Al Jamal, segretario regionale della Fimp, Federazione italiana medici pediatri – per valutare i sintomi e dunque stabilire le tappe successive. Durante il triage telefonico, attraverso una serie di domande approfondite sulle condizioni del paziente, il pediatra deciderà se chiedere l’accertamento tramite tampone oppure no. Lo farà anche sulla base della conoscenza pregressa di eventuali patologie che consentono di valutare meglio il quadro clinico». In ogni caso, la prevenzione è fondamentale «per tutelare il paziente, il nucleo familiare e gli altri contatti, per esempio i compagni di classe e gli insegnanti. Per fortuna i genitori stanno rispondendo bene, il numero di consulti quotidiani lo dimostra. Tutti i colleghi sono nella stessa situazione, da quando è iniziata l’emergenza e ancora di più da quando è cominciata la scuola, per noi non esistono più né il sabato né la domenica».

La procedura. Se il pediatra sospetta una infezione da Covid in atto, sollecita il tampone al servizio di Igiene pubblica. Da quel momento per il bambino scatta l’isolamento, in attesa dell’esame e soprattutto dell’esito e la quarantena viene estesa anche ai contatti. La nota dolente è rappresentata dai tempi, ancora troppo lenti: tamponi fatti dopo diversi giorni, risultati che si fanno attendere parecchio. A Sassari uno studente di seconda media è chiuso in casa da lunedì scorso dopo che ha presentato sintomi sospetti a scuola: in questo caso la richiesta del tampone – così come prevede la procedura – è scattata immediatamente ma il test non è stato ancora eseguito. Un disagio enorme sia per il ragazzino che ha già perso una settimana di scuola, sia per i genitori che non possono andare a lavorare. Ieri pomeriggio è stata finalmente fissata la data del test: lo studente eseguirà il tampone giovedì 15, dieci giorni dopo la prima segnalazione. «È un problema che conosciamo bene – dice Al Jamal –: chiaramente i ritardi non dipendono da noi pediatri ma ci stiamo impegnando per accorciare i tempi. Abbiamo sollecitato all’assessorato regionale della Sanità una corsia preferenziale per gli studenti che necessitano del tampone». In attesa dei test rapidi che potrebbero essere inseriti nel dpcm atteso per oggi.

I certificati. Se lo scolaro risulta positivo potrà rientrare a scuola con il certificato del pediatra che attesta l’avvenuta guarigione. Stessa procedura nel caso il tampone sia negativo: anche in questo caso sarà il pediatra a valutare l’opportunità e i tempi per il rientro a scuola. E se invece il tampone non viene richiesto perché i sintomi denunciati non sono riconducibili al Covid ma a una normale influenza? In questo caso, il certificato del pediatra «è necessario per assenze superiori ai 5 giorni per i bambini dai 6 anni in su, oltre i 3 giorni per i bimbi più piccoli che frequentano la materna o il nido». Se l’assenza è più breve sarà il genitore a giustificare l’assenza con l’autocertificazione. «Nessun altro tipo di certificazione sanitaria – spiega il segretario Fimp – può essere richiesta dalla scuola né possono essere rilasciati dai pediatri perché si tratta di atti illegittimi. Per esempio, in caso di assenze dovute a motivi familiari anche per un periodo superiore ai 5 giorni, non trattandosi di motivi di salute il pediatra non rilascia alcun certificato: sarà il genitore – conclude Osama Al Jamal – a comunicare preventivamente l’assenza con una autocertificazione».

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