Pasta fresca? Meglio fermentata
di Giovanni Fancello
Porto Conte Ricerche ha sperimentato una lavorazione speciale della semola In questo modo lasagne e spaghetti sono più digeribili e si conservano più a lungo
30 aprile 2021
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Porto Conte Ricerche è un luogo di eccellenza in terra sarda. Tra le varie ricerche ha sperimentato un progetto veramente interessante. Scienziati e ricercatori hanno elaborato una Pasta con semola fermentata, vera novità nel settore della pasta fresca. Pasquale Catzeddu, ricercatore di Porto Conte Ricerche, così argomenta: «Il progetto Pafasef (Innovazione di prodotto nel settore della pasta: pasta fresca addizionata di semola fermentata) è un progetto di trasferimento tecnologico coordinato da Porto Conte Ricerche, con la partecipazione di dieci aziende che operano nel territorio regionale. Il progetto è stato finanziato da Sardegna Ricerche». E continua: «La pasta fresca, argomento del progetto, è stata messa a punto e studiata nei nostri laboratori. Si prepara miscelando la semola con della semola fermentata. Il processo di fermentazione della semola è stato messo a punto in laboratorio, con un inoculo iniziale di microrganismi selezionati, lieviti e batteri lattici, in un impasto di semola e acqua, che deve essere giornalmente rinfrescato aggiungendo ulteriore semola e acqua. La caratteristica di questa pasta è di avere un sapore acidulo e una complessità aromatica dovuta al processo di fermentazione».
Tutto iniziò nel febbraio 2018 e nel marzo scorso arrivarono degne conclusioni che hanno fruttato ben due pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. Finita la sperimentazione laboratoriale, numerose sono state le prove di pastificazione che le aziende aderenti al progetto hanno effettuato utilizzando la semola fermentata preparata da Porto Conte Ricerche.
Andando ad analizzare documenti storici si scopre che la pasta fermentata veniva utilizzata nell’antico Egitto. Una conoscenza alimentare che si è diffusa poi nel mondo classico. Diverse e generiche indicazioni si hanno nei manoscritti medievali. Un Anonimo Meridionale del XIV secolo cita: «Delle lasagne: per fare lasagne, prendi della pasta fermentata e fanne una sfoglia sottile più che puoi. Successivamente dividila in parti di forma quadrata e della larghezza di tre dita. Poi, prendi dell’acqua bollente salata e metti a cuocere le lasagne indicate. E quando saranno cotte prendi del formaggio grattugiato». Anche il più importante cuoco dell’epoca, Maestro Martino, propone nel suo ricettario “Libro de arte coquinaria” il metodo per preparare le lasagne: «Prendere una pasta fermentata, stenderla sottile, dividerla in quadrati della lunghezza di tre dita. Bollire in acqua e condire, a strati alterni, con formaggio grattugiato e, a piacere, spezie in polvere». La ricerca degli scienziati di Porto Conte Ricerche è molto più raffinata e contemporanea ed è riuscita a valutare scientificamente la conservazione, la bontà e la salubrità del prodotto. Conclude Pasquale Catzeddu: «I risultati del progetto consentono di stabilire che la pasta fresca prodotta con semola fermentata ha un periodo di durata maggiore, dalla produzione alla vendita, rispetto alla pasta fresca alla quale siamo abituati. È più digeribile, ha maggiore capacità antiossidante e maggior assorbimento di sali minerali. A parità di pasta consumata, contiene una quantità inferiore di zuccheri prontamente digeribili, il carico glicemico è inferiore, perché ha meno amido disponibile e la tenuta in cottura migliora quando nell’impasto viene aggiunto l’uovo intero».
Tutto iniziò nel febbraio 2018 e nel marzo scorso arrivarono degne conclusioni che hanno fruttato ben due pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. Finita la sperimentazione laboratoriale, numerose sono state le prove di pastificazione che le aziende aderenti al progetto hanno effettuato utilizzando la semola fermentata preparata da Porto Conte Ricerche.
Andando ad analizzare documenti storici si scopre che la pasta fermentata veniva utilizzata nell’antico Egitto. Una conoscenza alimentare che si è diffusa poi nel mondo classico. Diverse e generiche indicazioni si hanno nei manoscritti medievali. Un Anonimo Meridionale del XIV secolo cita: «Delle lasagne: per fare lasagne, prendi della pasta fermentata e fanne una sfoglia sottile più che puoi. Successivamente dividila in parti di forma quadrata e della larghezza di tre dita. Poi, prendi dell’acqua bollente salata e metti a cuocere le lasagne indicate. E quando saranno cotte prendi del formaggio grattugiato». Anche il più importante cuoco dell’epoca, Maestro Martino, propone nel suo ricettario “Libro de arte coquinaria” il metodo per preparare le lasagne: «Prendere una pasta fermentata, stenderla sottile, dividerla in quadrati della lunghezza di tre dita. Bollire in acqua e condire, a strati alterni, con formaggio grattugiato e, a piacere, spezie in polvere». La ricerca degli scienziati di Porto Conte Ricerche è molto più raffinata e contemporanea ed è riuscita a valutare scientificamente la conservazione, la bontà e la salubrità del prodotto. Conclude Pasquale Catzeddu: «I risultati del progetto consentono di stabilire che la pasta fresca prodotta con semola fermentata ha un periodo di durata maggiore, dalla produzione alla vendita, rispetto alla pasta fresca alla quale siamo abituati. È più digeribile, ha maggiore capacità antiossidante e maggior assorbimento di sali minerali. A parità di pasta consumata, contiene una quantità inferiore di zuccheri prontamente digeribili, il carico glicemico è inferiore, perché ha meno amido disponibile e la tenuta in cottura migliora quando nell’impasto viene aggiunto l’uovo intero».