La Nuova Sardegna

Un trucco per far credere che Speranza era viva

di Luca Fiori
Un trucco per far credere che Speranza era viva

In corte d’assise l’audio che Farci voleva manipolare e inviare alla famiglia

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SASSARI. «Ciao sto bene, non vi preoccupate mi raccomando». Mentre l’audio di cinque messaggi vocali - tutti più o meno dello stesso tenore - rimbomba nel silenzio dell’aula della corte d’assise di Sassari, Massimiliano Farci tiene la testa bassa sul banco degli imputati, guardato a vista da quattro agenti della polizia penitenziaria.

La voce che il pubblico ministero Angelo Beccu fa ascoltare alla corte presieduta da Massimo Zaniboni (a latere Valentina Nuvoli) è proprio del 54enne di Assemini, accusato di aver ucciso la fidanzata Speranza Ponti e di aver gettato il suo corpo in un campo alle periferia di Alghero.

Il piano di Farci - secondo le accuse - era di modificare la sua stessa voce impressa in una di quelle prove audio di circa 15 secondi e di realizzare un montaggio, doppiando vecchi video di Speranza, per far credere ai parenti che la stavano cercando ovunque che la donna fosse ancora viva e che si trovasse in Spagna.

Sono stati gli investigatori del nucleo operativo dei carabinieri della città catalana, insieme al perito nominato dalla Procura di Sassari, a estrapolare quegli “mp3” dalla memoria dello smartphone sequestrato a Farci al momento dell’arresto, il 31 gennaio dello scorso anno. In quello stesso telefono - è emerso ieri mattina durante la testimonianza di chi svolse gli accertamenti tecnici - gli inquirenti trovarono dei video di Speranza in giro per Alghero e mentre ballava all’interno di un locale, oltre a cinque “app” con programmi di montaggio e utili a modificare la voce.

Messo alle strette dall’insistenza della sorella che continuava a scrivere messaggi a Speranza perché si facesse viva e mandasse un vocale per tranquillizzare i genitori, Farci - che fino a quel momento era riuscito a bluffare, rispondendo con messaggi scritti dal telefono della fidanzata con frasi rassicuranti - davanti alla richiesta di un vocale pensò di mettere in piedi un piano quasi al limite della fantascienza.

Per farlo - era emerso durante le indagini - chiese aiuto anche a un giovane cameriere che lavorava con lui nella pizzeria di via XX Settembre ad Alghero, esperto di montaggio e di informatica. Ma il giovane si rifiutò e disse no anche alla richiesta di spedire in Sudamerica il telefono della fidanzata per sviare le indagini. Era il 16 dicembre del 2019 e di Speranza Ponti non si avevano più notizie da oltre dieci giorni. Il corpo della donna venne ritrovato all’interno di un cespuglio nel residence di Monte Carru la notte del 31 gennaio dello scorso anno. Era stato lo stesso Farci, messo alle strette dai carabinieri dopo la denuncia dei familiari della donna, a indicare il punto in cui lo aveva portato il 6 dicembre dell’anno precedente. Il 54enne, che sta già scontando un ergastolo per il “delitto della Lotus Rossa”, in cui nel 1999 fu ammazzato l'imprenditore Renato Baldussi di San Sperate, ha sempre negato di aver ucciso la fidanzata.

«L’ho trovata impiccata - ha sempre sostenuto l’uomo che dal 2017 aveva ottenuto la semilibertà - e per paura che non mi credessero ho portato il suo corpo in un posto che amava».

La Procura però non gli crede ed è convinta che Farci, difeso dall’avvocato Daniele Solinas, abbia ucciso Speranza per impossessarsi dei suoi soldi.

La presenza del 54enne nel luogo del ritrovamento del cadavere venne registrata anche dalle celle telefoniche della zona di Monte Carru per ben tre volte. La cella di “San Giuliano” il 6 dicembre del 2019 agganciò il telefono di Farci prima alle 7.05 del mattino (forse durante un sopralluogo), poi alle 11 (quando secondo la ricostruzione dell’accusa l’uomo portò il corpo della donna alla periferia di Alghero) e poi alle 17 quando tornò probabilmente per coprirlo e nascondere le tracce.

«La casa di via Vittorio Emanuele - ha detto ieri mattina il luogotenente Leonardo Baldinu comandante della stazione dei carabinieri di Alghero - quando entrammo per un primo controllo dopo la denuncia di scomparsa era asettica e pulitissima. Quello che notai di strano - ha detto il sottufficiale dell’Arma - fu un caricabatterie che Farci mi disse fosse di Speranza e alcuni anelli della donna. Difficile pensai - ha aggiunto Baldinu - che una donna parta lasciando dei gioielli e il caricabatterie del telefono».

Prima delle testimonianza degli investigatori si era seduta sul banco degli imputati una donna di Alghero con cui Farci instaurò un rapporto di amicizia proprio nei giorni della scomparsa di Speranza. «Mi disse che per sparire bastava poco - ha detto la testimone ai giudici - e mi mostrò un documento d’identità con il suo nome e una foto di un uomo che non riconobbi. “Ti sembro io?” mi chiese - ha spiegato la donna - e poi aggiunse “vedi come è facile sparire?». Nel processo si sono costituiti parte civile con l’avvocato Stefano Carboni i genitori di Speranza e la sorella della vittima Natascia. Mentre Manlio Prainito, l’ex marito genovese da cui la 49enne di Uri si era separata tre anni fa prima di trasferirsi ad Alghero, è rappresentato dall’avvocato Edoardo Morette.

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