La Nuova Sardegna

L'intervista

Israele scommette sul rilancio dell’isola: «Pronti ad accompagnarvi nel futuro»

Claudio Zoccheddu
Israele scommette sul rilancio dell’isola: «Pronti ad accompagnarvi nel futuro»

L'ambasciatore Dror Eydar promette aiuti contro le cavallette e nella gestione chirurgica delle risorse idriche

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Cagliari Le intenzioni sembrano chiare: stabilire un rapporto diretto tra Israele e la Sardegna, con l’isola che potrebbe importare le tecnologie utilizzate dallo Stato ebraico per dominare l’ambiente e con Israele che vedrebbe riaprirsi la pista degli accordi commerciali che dal Mezzogiorno d’Italia condurrebbe verso il cuore economico dell’Europa. Sul tavolo, una risma di possibilità legate al trattamento delle risorse idriche, alla zootecnia, alle tecniche di conservazione di frutta e verdura, alla realizzazione di un gasdotto che soddisfi la sete di energia nazionale fino alle fantascientifiche tecniche di contenimento delle cavallette. Con un occhio di riguardo al legame archeologico che avvicinerebbe i progenitori di Re Davide ai guerrieri nuragici. Ne ha parlato ieri l’ambasciatore dello Stato ebraico Dror Eydar, nell’isola per una serie di incontri, politici e commerciali.

Ambasciatore, nel 2018 il governo italiano aveva bocciato la fornitura di gas da Israele. Adesso è cambiato qualcosa?

«Ne ho parlato con il presidente Draghi durante la sua ultima visita in Israele. Per realizzare un gasdotto servirebbero alcuni anni. L’idea ci piace e nel frattempo il gas liquido potrebbe arrivare con le navi. Draghi è molto interessato perché la guerra in Ucraina ha reso strategico questo accordo».

In che modo Israele può aiutare l’isola?

«Condividiamo situazioni simili dal punto di vista climatico e anche le associazioni di categoria italiane hanno chiesto il nostro aiuto per l’agricoltura nel sud del vostro Paese. Noi ci siamo, non c’è dubbio, ma siamo anche abituati a pensare fuori dagli schemi e per questo ci spenderemo, oltre che negli aiuti specifici, anche in una grande conferenza annuale aperta a tutti i Paesi del Mediterraneo sui temi dell’agricoltura, delle risorse idriche, della gestione del suolo, delle fonti energetiche rinnovabili e sulla digitalizzazione delle imprese. Ne parlavamo già prima della pandemia, poi siamo stati costretti a rinviare ma adesso siamo nuovamente al lavoro».

Può fare qualche esempio?

«Lo scorso maggio, a Napoli, abbiamo favorito più di 300 accordi e incontri tra le aziende agricole italiane e quelle israeliane».

E per la Sardegna?

«Faccio due esempi: la conservazione degli alimenti e la produzione di latte vaccino. Le nostre aziende studiano come aumentare i tempi di conservazione dei prodotti agricoli. La TarriTech, tramite un mix di oli essenziali nebulizzati sui prodotti riesce ad allungare del 30% la conservazione delle fragole e del 50% quelle delle pesche. Voi siete famosi per il formaggio, non solo ovino. Noi abbiamo mucche che producono 12mila litri di latte all’anno, e si potrebbe arrivare a 14mila. Questo è possibile grazie alla selezione degli embrioni degli esemplari più produttivi e alcuni di loro potrebbero arrivare presto in Sardegna».

Per sviluppare agricoltura e allevamento, tuttavia, servono le risorse. L’acqua, ad esempio.

«Il 70% del territorio di Israele è desertico, eppure siamo riusciti a farlo fiorire. Desalinizziamo il 90% dell’acqua potabile e di quella per uso industriale e grazie ad un continuo monitoraggio ne sprechiamo solo l’8%. L’agricoltura di precisione, con l’uso di droni e satelliti, ci aiuta ad irrigare solo dove è necessario, con la sicurezza di far arrivare alle piante il 95% dell’acqua distribuita. Questo ci ha portato a raddoppiare la produttività delle nostre terre che, in un momento in cui la crisi alimentare causata dalla guerra spaventa il mondo, è un aiuto fondamentale che possiamo condividere con la Sardegna».

Come la lotta alle cavallette?

«Certo, noi abbiamo un conto aperto con questi insetti. Adesso in Sardegna c’è il professor Yoav Motro, un esperto che potrebbe importare l’uso dei droni e dei satelliti per il monitoraggio e l’abbattimento degli sciami».

Infine, i ritrovamenti nel sito archeologico di El -Ahwat ricordano la civiltà nuragica. Ci sono novità in questo senso?

«Noi crediamo che sia qualcosa di più di una semplice somiglianza e che tra i popoli del mare che in quei tempi arrivarono in Galilea ci fossero anche i nuragici. In ogni caso, oggi (ieri, ndr) abbiamo aperto un nuovo canale di comunicazione tra l’università di Haifa e quella di Cagliari, in modo da ospitare una delegazione sarda nel nostro sito, che intendiamo riaprire a breve».



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