La Nuova Sardegna

L'indagine

Osilo, una coperta per scaldare il bambino: il gesto di premura dopo l’abbandono

di Nadia Cossu
Osilo, una coperta per scaldare il bambino: il gesto di premura dopo l’abbandono

Emergono dettagli sul caso del neonato lasciato dalla madre sotto un’auto

19 ottobre 2023
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Sassari Una coperta di lana per riscaldare quel neonato infreddolito trovato nel cuore della notte sotto un’auto. È l’atto d’amore di una madre che – forse in un breve e improvviso momento di lucidità – ricorda di aver messo al mondo lei quella creatura, ma anche di averla abbandonata poco dopo.

A 24 ore di distanza dal ritrovamento in una stradina di Osilo del piccolo Francesco (il nome gli è stato dato dal personale della Neonatologia di Sassari) e dall’arresto (per tentato omicidio) della 29enne che lo ha partorito, emergono i primi dettagli di una storia che mercoledì mattina ha scosso l’intero paese dominato dal castello dei Malaspina.

Da un lato l’accusa di aver esposto il suo bambino a rischi enormi che avrebbero potuto ucciderlo: le intemperie, l’assalto di cani randagi o ratti, l’auto che qualcuno avrebbe potuto mettere in moto senza accorgersi della presenza della creatura. Dall’altro un gesto – chissà se e quanto consapevole – di protezione come quello di entrare di corsa in casa e prendere una coperta per riparare dal freddo il piccolo. Perché questo ha fatto la 29enne di Osilo quando sua madre di sessant’anni (che non sapeva che la propria figlia fosse incinta), sentendo dei vagiti e non riuscendo a comprendere da dove provenissero, martedì notte è uscita in strada e ha notato sotto la macchina quel corpicino nudo e con il cordone ombelicale ancora attaccato. Probabilmente ha urlato richiamando l’attenzione della figlia che abita in casa con lei. La giovane ha guardato il piccolo e d’istinto è corsa a prendere qualcosa che lo coprisse. Il bimbo piangeva, era vivo ma era quasi in ipotermia e bisognava chiamare i soccorsi. Nemmeno allora ha però rivelato a sua madre che quel neonato lo aveva dato alla luce lei. La verità, incredibile e sconcertante, è venuta fuori in seguito, quando sono arrivati i carabinieri, e a quel punto la 29enne è stata portata in ospedale.

A distanza di diverse ore sono ancora tanti i punti oscuri di questa vicenda. Interrogativi che verranno chiariti dall’inchiesta per tentato omicidio aperta dalla Procura di Sassari che ha disposto l’arresto della 29enne, fino a oggi piantonata in ospedale dai carabinieri.

Ma c’è un altro particolare che potrebbe aiutare gli inquirenti a ricostruire quanto accaduto martedì notte. È stato infatti disposto il sequestro della placenta che è stata trovata sopra un tetto in eternit lontano dall’abitazione in cui vive la famiglia della donna. Come questo sia stato possibile potrà rivelarlo solo lei, se e quando deciderà di parlare con i magistrati Paolo Piras e Maria Paola Asara, titolari dell’inchiesta. L’udienza di convalida dell’arresto è stata fissata per stamattina, nel palazzo di giustizia di via Roma. Qui dovrà comparire la donna, se le sue condizioni di salute lo consentiranno. E a dare il via libera potranno essere solo i medici della Neonatologia. Quasi certamente gli avvocati Elisa Caggiari e Pietro Fresu – a cui la 29enne si è affidata per la tutela legale – sceglieranno la linea del silenzio. Una prudenza necessaria, dettata da un quadro psichico che richiede la massima cautela. E per questo i due avvocati hanno ritenuto opportuno sottoporre la loro assistita a una valutazione psichiatrica.

Si può ipotizzare, senza troppi dubbi o timore di smentita, che quella della donna sia stata una gravidanza indesiderata. Forse frutto di un rapporto occasionale o di una breve relazione. Una gravidanza della quale la 29enne potrebbe essersi accorta troppo tardi, quando ormai non era più possibile interromperla. E allora l’ha portata avanti in segreto, senza confidare nulla alla famiglia, agli amici. Per paura, per pudore, per mille altre presumibili ragioni che appartengono a una sfera troppo intima che non serve indagare.

E il non voler condividere ciò che per la maggior parte delle donne rappresenta il dono più bello della vita spiegherebbe anche il motivo per il quale la giovane non ha riconosciuto legalmente suo figlio. Rifiutando la realtà, allontanando il pensiero di essere diventata madre di quel fagottino di due chili e seicento grammi che, in una notte umida, si è aggrappato alla vita. E negando, di fatto, anche ai nonni di potersene prendere cura, di poterne soprattutto chiedere l’affidamento. Una sofferenza nella sofferenza, un terremoto che ha travolto una famiglia per bene e stimata in paese.


 

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