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Olbia-Cagliari in treno, il racconto di un passeggero: «Quattro ore e mezzo in piedi o per terra»

Olbia-Cagliari in treno, il racconto di un passeggero: «Quattro ore e mezzo in piedi o per terra»

«Vagoni pieni già alla partenza. In 30 anni nulla è cambiato. E a Chilivani si cambia ancora»

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Sassari Il calendario sembra ritornato agli anni ‘90. Se non fosse per l’anacronismo di un treno troppo moderno per quei binari di fine ‘800, il viaggio indietro nel tempo sarebbe anche una spiegazione plausibile. Invece, non è un caso, accade quasi ogni domenica anche nell’anno del Signore 2023, quando un treno (due vagoni, in realtà)stipato di passeggeri come una scatola di sardine parte da Olbia alle 14 e arriva a Cagliari alle 18.30. Cioè, dopo 4 ore e mezza. E il viaggio, per la maggior parte dei passeggeri, si fa in piedi.

Olbia-Chilivani Tra le centinaia di persone pressate in carrozza, domenica scorsa, c’era anche Michele Manca. Lui non è un habitué, quel treno l’ha preso per puro caso. Una coincidenza che lo ha riportato ai tempi dell’università: «Situazione assurda, sembra che negli ultimi trent’anni non sia cambiato nulla – spiega lo sfortunato passeggero prima di iniziare il racconto –. Siamo partiti da Olbia alle 14, in perfetto orario. Il problema era che i vagoni erano già pieni, nonostante questo fosse un fine settimana lungo, uno di quelli che gli studenti e i trasfertisti sfruttano per ritornare a casa con più tranquillità. Eppure, alla stazione di Olbia c’era un treno con appena due vagoni». Risultato: chi arriva per ultimo si fa tutto il viaggio in piedi. Gli altri, perlomeno fino a Chilivani, possono stare seduti. Poi dovranno provare l’impresa: riconquistare il posto a sedere dopo il cambio. Perché a Chilivani si cambia ancora, come accade dal 6 dicembre del 1874, quando fu inaugurata la stazione di Ozieri, poi intitolata alla frazione di Chilivani.

«Nelle stazioni precedenti, tra Monti e Chilivani, ovviamente, nessuno è sceso dal treno. Ci sono stati solo nuovi ingressi, che hanno affollato ulteriormente le due carrozze – aggiunge Michele Manca –. Poi da Sassari è arrivata la coincidenza, non ricordo se con due o tre carrozze. Credo due. In ogni caso, i posti a sedere erano tutti occupati».

E così, anche i fortunati che avevano passato la prima parte del viaggio comodamente seduti (si fa per dire, visto l’affollamento), sono stati costretti a proseguire in piedi. «Per fortuna a bordo c’erano tanti studenti che hanno ceduto il loro posto ai passeggeri più anziani, per poi accomodarsi in terra. O dove capitava». Uno, tra i più agili, è stato immortalato mentre si infilava in un pertugio di fortuna ricavato sotto quello che sembra un portabagagli. Scomodo, ma meglio di niente.

Tutto esaurito Comprendere che la situazione fosse ormai fuori controllo, con la possibilità che gli animi si surriscaldassero per il trattamento riservato agli sventurati passeggeri, non era certo complicato. «Chiaramente il capotreno si è accorto della situazione», continua il viaggiatore. E allora dal treno sovraffollato è partita una richiesta d’aiuto indirizzata alle stazioni di Macomer e Oristano. L’obiettivo era fermare il treno il meno possibile. Quasi un remake di Cassandra Crossing, film di fine anni ‘70, senza però alcun virus letale a bordo, se non quello del sovraffollamento. Molti dei passeggeri in attesa a Macomer e Oristano sono stati dirottati sui pullman e sono partiti su gomma verso Cagliari. Il treno, però, si è fermato lo stesso e il copione si è ripetuto: solo ingressi, con la situazione che è peggiorata ulteriormente. ù

L’ultimo tratto Quando ormai il viaggio stava per terminare, Trenitalia ha tentato il jolly e ha giocato la carta a sorpresa: «Alla stazione di San Gavino, a circa mezz’ora da Cagliari, ci è stato proposto di scendere dal treno per aspettare un convoglio in arrivo, meno affollato e più confortevole». Una proposta che aveva un problema di fondo: è arrivata tardi. Chi lo sa, forse se fosse stata fatta a Macomer, qualcuno avrebbe barattato un ritardo sensibile con una comoda poltrona. «Infatti non ha accettato nessuno. Eravamo quasi arrivati e non aveva molto senso. Ormai il più era fatto», conferma Michele Manca. Dopo 4 ore di supplizio, l’ultima mezz’ora è quasi un miraggio per chi pensava di fare un viaggio in treno e invece si è ritrovato dentro una prova di resistenza, anche se cosce e polpacci soffrono e chiedono pietà. E così, quattro ore e mezzo dopo l’alba del viaggio, il tragicomico Olbia-Cagliari è arrivato in stazione molto dopo il tramonto, quello vero: «Non so se ci fossero lavori in corso o quale fosse la causa delle scelta di allestire un treno così piccolo. Quello che so – conclude Manca – è che è manca la capacità di programmazione, tutti sapevano che questo sarebbe stato un fine settimana da bollino rosso». Proprio tutti, a quanto pare, no. Ma non è la prima volta.

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