La tragedia di Ythan e Patryk, l'amico che si è salvato alla sorella: «Chiama subito i soccorsi, corri, la casa è crollata»
Il racconto della giovane che ha allertato il 115
Nuoro «Mio fratello mi ha telefonato, parlava veloce, mi ha detto: è crollata la casa, chiama qualcuno, corri, chiama aiuto». La serata di Pasquetta segna la fine della spensieratezza, per questi ragazzini e ragazzine che ancora non credono alla morte di Patryk e di Ythan. A dare l’allarme per il dramma di lunedì sera è stata la sorella dell’amico che era con i due adolescenti, e che dalla strada ha visto la casa crollare, intuendo subito cosa era accaduto. Ha avvisato lei. «Io ho chiamato subito il 115, ho detto dove eravamo e che era successo qualcosa di grave, ho chiesto di correre subito. Poi ho chiamato la mamma di Ythan».
Il racconto è concitato, gli occhi di questa ragazza cercano gli occhi degli altri amici che da lunedì notte vivono un incubo dal quale spererebbero di svegliarsi. «Sono venuta subito, siamo venuti un po’ tutti», racconta lei. Sono ragazzini di 13, 14 anni, tutti amici, compagni di scuola o di oratorio di Ythan e Patryk. Quel rudere era “la casa”. «Lo abbiamo sempre chiamato così». Non tutti ci entravano, però. «Mah, un po’ lo sapevamo che era pericoloso». E lo sapevano perché altre volte c’erano state cadute di pezzi di struttura, i ferri sono a vista, i blocchetti distrutti, insomma, nulla di buono. «Ma mica vai a pensare che ti possa cadere in testa, eh», dicono.
Lunedì sera Ythan e Patryk e l’amico erano a Nuoro. Molti degli amici fuori per Pasquetta. Alla “casa” quindi sono andati in tre. «Io non ci credevo all’inizio, quando mio fratello mi ha chiamato, poi ho capito dal tono che non era un pesce d’aprile». E già perché era anche il primo aprile, il giorno degli scherzi. E infatti uno dei ragazzi racconta: «Mi ha chiamato una compagna di scuola, ho pensato che mi stesse dicendo una bugia. Ho anche provato a dirle che lo sapevo che era il primo aprile. Ma piangeva, piangeva troppo e non riusciva a parlare. E ci ho creduto».
La mamma di Ythan è arrivata sulla collinetta prima ancora dei vigili del fuoco, prima del 118, delle forze dell’ordine. Gli amici dei due ragazzini si sono precipitati anche loro, poi il passaparola ha fatto il resto e anche chi stava rientrando dalla gita di Pasquetta è andato subito in via San Domenico Savio. Ragazzini e genitori, perché Patryk e Ythan sono diventati fratelli e figli di tutti, di tutta la città che si è trovata a gestire questa tragedia.
E se il dramma è corso sui telefonini e sui social, il dolore ha preso in un breve volgere di tempo la dimensione analogica. Umana. Le lacrime e gli abbracci. Nella notte di lunedì gli amici delle due giovani vittime si sono trovati ad arrampicarsi nella collinetta per stare il più possibile vicino a Patryk e Ythan. Hanno messo i telefonini in tasca, hanno seguito il lavoro dei vigili del fuoco, le complesse attività per mettere in sicurezza quel che resta del rudere e consentire anche agli operatori di intervenire senza correre rischi inutili. I ragazzi si sono stretti tra di loro, hanno provato a consolarsi e a consolare le mamme, le maestre, in un continuo scambio di ruoli che ha messo a fattor comune l’incredulità, la disperazione. Tutti, a partire dall’amico testimone della tragedia, alla sorella che ha dato l’allarme, agli altri compagni di scuola e di giochi, si sono visti catapultati in un terreno sconosciuto fatto di lampeggianti, ambulanze, uomini in divisa con i volti segnati da chi non si abituerà mai a tanta sofferenza.
La “casa” si è portata via Ythan e Patryk , e la meravigliosa leggerezza dell’adolescenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA