Deposito scorie nucleari, la Sardegna resta in corsa
Gian Luca Artizzu, amministratore delegato Sogin: «Tutte le aree sono idonee». Sulla sicurezza: «Non c’è alcun pericolo né per le persone né per l’ambiente»
Sassari Non è stato ancora individuato il sito che ospiterà il deposito di scorie nucleari e tra le 51aree individuate «non c’è alcuna preferenza». A dirlo è Gian Luca Artizzu, amministratore delegato della Sogin, la società dello Stato a cui è affidato il compito di smantellare gli ex impianti nucleari italiani e di mettere in sicurezza il combustibile e i rifiuti nucleari.
«La Sogin si occuperà anche della costruzione e della gestione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi che provengono non solo dalle passate attività di produzione elettrica ma anche dalle attività sanitarie, di ricerca e industriali». Tra le 51 aree, 8 si trovano nella Sardegna meridionale e ricadono all’interno dei comuni di Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus e Guasila. Oltre alla Sardegna, le altre regioni interessate sono Piemonte, Lazio, Sicilia, Puglia e Basilicata. L’ad Artizzu, cagliaritano, precisa che contrariamente alle ipotesi circolate non vi è alcuna preferenza «verso la Tuscia, o verso una delle altre zone presenti nella proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), pubblicata lo scorso 13 dicembre dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica. Una Carta che Sogin ha redatto applicando in modo stringente tutti i criteri tecnici di sicurezza indicati nella guida dell’Isin, l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, a cui spetterà, l'ultima parola nella scelta finale del sito in cui costruire il deposito e il parco tecnologico. Il sito – aggiunge Gian Luca Artizzu – avrà delle dimensioni piuttosto modeste, circa 150 ettari con grandi aree verdi».
L’ad si mostra molto rassicurante: « Stiamo parlando di un'opera assolutamente sicura che non creerà alcun problema ambientale e non cederà praticamente niente all'ambiente». Sul tema va avanti: «La sostenibilità è parte integrante delle nostre attività e i nuovi processi hanno aumentato anche la consapevolezza interna su ciò che facciamo. Lavoriamo in modo sostenibile nel senso che, provenendo da un settore, quello nucleare, in cui la sicurezza è una sorta di ossessione, i nostri lavoratori sanno che la mattina devono effettuare determinate misure e caratterizzazioni, devono separare l'oggetto del loro lavoro dall'ambiente circostante, dalla biosfera, e trattarlo come se fosse un qualcosa che appunto non deve cedere nulla, né al lavoratore stesso né all'ambiente. Tutti i nostri processi – aggiunge l’amministratore delegato di Sogin – sono improntati a questo, al massimo della sicurezza proponibile. I nostri protocolli sono talmente sicuri che anche la chimica comincia a rivolgersi a noi». Sui timori manifestati dalle regioni, come la Sardegna, in corsa per ospitare il deposito: «Il nucleare in realtà da tempo non costituisce più un problema tecnico. É un problema di comunicazione, di informazione e di confidenza. Bisogna superare l'aspetto emotivo che coinvolge il settore nucleare e fare valutazioni oggettive e scientifiche. Quanto più la gente è confidente e conosce ciò che facciamo, tanto più si fiderà del nucleare. Senza conoscere – conclude Artizzu – non si può decidere».