La Nuova Sardegna

Una città e le sue storie
Una città e le sue storie – Olbia

Ritratti olbiesi, i grandi del passato che hanno lasciato il segno in città

di Paolo Ardovino
Ritratti olbiesi, i grandi del passato che hanno lasciato il segno in città

Anni fa il progetto di Fabrizio Derosas e Irene Recino è diventato un volume. I disegni sono esposti anche nelle fermate dei bus

17 aprile 2024
5 MINUTI DI LETTURA





Olbia. C’è un progetto, realizzato qualche anno fa, che incarna perfettamente l’anima della città. Nato come una raccolta di lettere, disegni a matita e acquerelli, “Epistolario olbiese” è diventata una raccolta di volti, e di parole romantiche, che oggi sono ben visibili tra le strade della città. Incarna l’olbiesità, si diceva, perché il progetto ha riunito trenta grandi personaggi. Non per forza i più illustri, ma trenta olbiesi che hanno lasciato il segno, un po’ nelle pagine di storia, un po’ nei racconti popolani. L’epistolario nacque dalla penna di Fabrizio Derosas, olbiesissimo, uno di quei giornalisti vecchio stampo che soppesano ogni parola, e la matita e il pennello di Irene Recino. Lei si è trovata a raffigurare quei personaggi celebri da non olbiese – è originaria di Sorso – e in questo modo ha rappresentato la qualità migliore di Olbia: l’accoglienza. Saper adottare. «Sì, anche io sono una delle tante persone non olbiesi ma che possono dire di essere olbiesi d’adozione», sorride. Il progetto era nato dall’appendice di una sua precedente raccolta su luoghi e volti della città. Poi ha preso una direzione tutta sua. Per fortuna.

I nomi. Nell’epistolario, raccontati ognuno con una ipotetica lettera di Derosas e un ritratto di Recino, sono raccontate le storie, le imprese popolari, i miti di Varalto, lo scultore della trivenere in piazza Matteotti, l’indimenticato deputato Giacomo Pala (“onorevole Terranova”), il produttore Mario Cervo, Dionigi Panedda, studioso e archeologo ancora punto di riferimento dopo decenni, la cuoca dalle mani d’oro Rita Denza, il fotografo Nello Di Salvo, Armando Bigi, «patriarca della mitilicoltura», il pioniere del cinema in Sardegna, Piero Livi, il paroliere Astro Mari, la cantante Annetta Spano, Pietro Bonannini, aviatore pluridecorato, Felicino Mibelli, ideatore della storica banda musicale cittadina, Gesuino Rassu, forse espressione più alta della pittura olbiese del secolo scorso, Giacomo Murrighili, poeta e studioso della poesia gallurese, il partigiano Enrico Naldoni, il maestro Francesco De Rosa, Pietro Bonacossa, pilota e comandante dell’aeroporto Venafiorita, Nardino Degortes “Pinzellu”, il calciatore Angelo Caocci, Bedda Cioana, il playboy Nino Deiana (“cannone”), il professore Giacomo Satta, il giornalista Alfonso De Roberto, don Augusto Addis, il medico della Brigata Sassari e antifascista Achille Bardanzellu, il maestro Serafino Spiggia, l’ex sindaco Alessandro Nanni, Gustavo Giagnoni, eroe dei campi di calcio, l’ex sindaco Antonetto Lupacciolu, e i gusti tra le Nazioni Bianca e Girolamo Sotgiu.

A distanza di anni. Uscito nel 2019, edito dall’Archivio Mario Cervo, prefazione di Giacomo Mameli e post fazione di Marco Bittau, l’Epistolario è diventato una rarità, stampato in poche copie. Però le immagini con i grandi olbiesi sono vive e ben presenti nella vita cittadina. Poco dopo la pubblicazione, infatti, in accordo con Aspo, la società in house del comune di Olbia che si occupa del trasporto pubblico, i ritratti sono finiti stampati in grande formato nelle pensiline delle fermate dei bus. Così come la logica delle intitolazioni delle vie, utili nelle nuove generazioni a informarsi sui nomi del passato, allo stesso modo quei visi disegnati a matita raccontano una Olbia di ieri ma che rappresenta la base della città di oggi. «E vedere quelle pensiline ancora in ottime condizioni significa che il lavoro ha avuto un suo senso e una sua importanza», commenta Irene Recino. Chiamata a tornare indietro nel tempo, confida: «Tutto nacque da una mostra, “Abitare il tempo”, una sezione comprendeva dieci personaggi». Poi l’esigenza di ampliare l’idea. «L’interpretazione di questi 30 olbiesi non si limita a essere solo biografica. Invita a conoscere persone che hanno dato il loro contributo, in varie forme». Passa in rassegna tutta la lista di nomi, «si tratta di personaggi illustri ma tanto spazio è riservato anche a chi è meno noto ma ha rappresentato olbiesità. Di alcuni si conosce anche solo il soprannome, ma tanto basta». Parla spesso di «luoghi», Irene Recino. Nel suo percorso artistico personale ha unito, nel suo racconto della città, volti a scorci, con altre mostre di questi anni.

Attraverso l’arte. «Non essere di Olbia, probabilmente, mi ha fatto incuriosire ancora di più – racconta –. Scoprire certi aneddoti è stato affascinante. Allo stesso tempo, non essere olbiese mi ha dato anche la possibilità di approfondire l’aspetto artistico». Il fatto è che una persona della stessa città di quei trenta miti avrebbe forse sentito un peso diverso, molto maggiore, nella responsabilità di rappresentarli. Irene si è fatta guidare dalla matita, dalle fotografie recuperate e trasportate su carta con una profondità ulteriore. Per questo, alla fatidica domanda sui personaggi che le sono piaciuti di più, Recino non dà spiegazioni troppo biografiche ma parla di «un punto di vista prettamente visivo». E allora, i ritratti che le sorridono di più, sono quelli «del maestro Spiggia. L’avevo sentito solo nominare, quando l’ho ritratto mi sono sentita tanto coinvolta da quel suo sguardo molto profondo. Mi ha fatto pensare a quanto abbia potuto influire e avuto a che fare con la vita delle persone del tempo». Poi, «Bedda Cioana», profilo tra il reale e la leggenda, di cui non si sa il vero nome ma tutti ne conoscevano il soprannome. La signora che si affacciava dalla casa con gli infissi bianchi, a pochi passi dalla scuola media Armando Diaz e perciò celebre a studenti e genitori per generazioni. «Quel suo volto mi ha trasmesso molto, a partire dalla pettinatura». «Magari ogni villaggio sardo potesse dare ai suoi abitanti un lavoro di pregio come questo», benediceva l’Epistolario Giacomo Mameli, nella prefazione. Un documento prezioso. Un Recente «racconto di una città che, anche per la sua posizione geografica fronte mare, può fare la sommatoria della storia della Sardegna che – “animula vagula blandula” – dai fenici passa ai greci, dai punici ai romani, poi la vicenda giudicale, quella catalano-aragonese e financo sabauda».

Primo piano
Il commento

Pos in tilt: «Sistema fragile, dammi per 100 milioni: valutiamo azioni legali»

di Luigi Soriga
Le nostre iniziative