La Nuova Sardegna

L'intervista

Il premio Nobel Giorgio Parisi: «Il silenzio di Sos Enattos è la nostra carta vincente»

di Paolo Ardovino
Il premio Nobel Giorgio Parisi: «Il silenzio di Sos Enattos è la nostra carta vincente»

Il luminare a Stintino per ricevere il premio per la divulgazione scientifica al museo della Tonnara

21 giugno 2024
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Sassari Le giornate sono piuttosto fitte. Giorgio Parisi, 75 anni, è un faro della comunità scientifica internazionale, status suggellato dal Nobel vinto nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi, e perciò continuamente tirato per la giacchetta. È diventato megafono del mondo della ricerca italiana e da tempo è tra i promotori della candidatura della Sardegna per la costruzione della grande infrastruttura per lo studio delle onde gravitazionali Einstein telescope. A fronte di un impegno quantificato in un miliardo di euro da parte dell'Italia, nel 2025 si capirà realmente lo stato delle cose. Parisi, intanto, tra gli impegni in agenda ha un volo da prendere verso l'isola per raggiungere Stintino. Lì dove stasera riceverà il premio per la divulgazione scientifica al museo della Tonnara. Riconoscimento assegnato dal comitato scientifico presieduto dal professore emerito e accademico dei Lincei Piero Cappuccinelli. A seguire, il fisico dialogherà col direttore della Nuova Sardegna Giacomo Bedeschi.

Professore, abbiamo sentito tanti endorsement politici sull'Einstein telescope a Lula, dalla ministra dell'Università Anna Maria Bernini alla presidente della Regione Alessandra Todde, giusto poche ore fa. Può spiegare prima di tutto l'importanza scientifica di uno strumento del genere?

«Le onde gravitazionali sono state scoperte una decina di anni fa e sono diventate uno strumento molto importante per l’astronomia. Permettono di vedere un universo nascosto e invisibile agli altri mezzi. Ci fanno capire come si sono evolute le galassie e tutte quelle strutture da cui dipende la vita stessa del nostro pianeta. In questo, il telescopio è molto potente e preciso, ci permetterebbe di avere informazioni più approfondite sui buchi neri e su cosa succede nell'universo primordiale. Cose a cui l'astronomia è incapace di arrivare».

Veniamo dunque all'ipotesi di costruire l'Et a Sos Enattos, a Lula. È una candidatura forte alla pari di quella dell'Olanda, in una zona al confine con Belgio e Germania.

«È chiaro che, per le proprietà morfologiche, il sito sardo è decisamente il migliore, e lo dico da un punto di vista oggettivo. La zona è estremamente silenziosa, con molte meno vibrazioni dell'altra candidata. In Olanda ci troviamo invece in un'area con una densità abitativa alta. Però c'è una possibilità...».

Quale?

«La possibilità aperta, che gli scienziati stanno valutando, di realizzare due telescopi di dimensioni minori invece di uno solo grande. È da vedere. Ma se si decidesse di andare nella direzione del singolo Einstein telescope, il sito sardo è il migliore».

E pensa ci siano reali possibilità? Da quanto l'Et è entrato nella discussione scientifica, politica ed economica regionale e nazionale, è difficile capire il confine tra scenario concreto e proposta mossa da spinta campanilistica.

«Il fatto è che ovviamente la decisione verrà presa dai governi. Quindi al netto del discorso scientifico, bisogna fare un importante lavoro diplomatico in Europa».

Ma allo stato attuale in Italia si investe a sufficienza sulla ricerca scientifica?

«Il problema non è il bilancio di quest'anno ma quello dei prossimi anni. Mi spiego, la ricerca è stata finanziata bene attraverso i fondi Pnrr, che hanno permesso di passare da una situazione di secca a una situazione decente. Ma il problema sta adesso che il fondo finirà. È necessario cominciare a fare previsioni nuove. Ne ho sentito parlare varie volte ma la mia paura è che esigenze superiori mangino le risorse per gli anni futuri».

Tornando all'isola, a ottobre ospiterà anche il G7 delle scienze, a Oliena. La Sardegna può diventare centrale negli studi scientifici?

«Certamente la Sardegna è un luogo dove si può rilanciare la ricerca, penso anche alle sue belle università. Occorrono investimenti, è un aspetto fondamentale. Non possiamo pensare di avere zone che vanno avanti sostanzialmente di turismo se poi non sono supportate da strutture economiche. Altrimenti un luogo diventa solo un baraccone, deve invece attrarre anche un turismo consapevole».

Professore, un'ultima domanda personale: come sono cambiate la sua vita e la sua carriera da quando ha ricevuto il Nobel per la Fisica?

«Ho acquistato in qualche modo una visibilità maggiore. Prima se volevo farmi sentire su argomenti non tecnici, connessi per esempio agli investimenti, era più difficile farsi sentire. Ora questo lavoro è più facile. E poi, con enorme semplificazione: avendo maggiore capacità di parlare al pubblico è aumentata anche la responsabilità per il presente e il futuro».


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