La Nuova Sardegna

La tragedia

Strage tra Paulilatino e Ula Tirso: una Mercedes e 4 moto si scontrano, 3 ragazzi muoiono e divampa un incendio

di Enrico Carta
Strage tra Paulilatino e Ula Tirso: una Mercedes e 4 moto si scontrano, 3 ragazzi muoiono e divampa un incendio

Le vittime avevano tra i 27 e i 32 anni. Ferito un quarto motociclista, illeso il ventenne alla guida dell'auto

06 luglio 2024
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inviato a Paulilatino Rosso sangue, grigio fumo, nero lutto. Il bagliore dell’incendio che divampa lì accanto, scatenato proprio dall’incidente appena successo, ha ancora di più il colore del dramma in mezzo a quello scenario in cui vince solo la morte. I mille brandelli delle quattro moto su cui viaggiavano un gruppo di motociclisti e la macchina contro cui si sono scontrati, una Mercedes appena comprata, raccontano la dimensione della tragedia. Tre di loro sono rimasti a terra e i loro corpi non si sono più mossi dopo aver volato in seguito all’impatto. Morti sul colpo tutti, meno uno forse, inghiottito invece dalle fiamme scatenate dalla fuoriuscita del carburante da uno dei serbatoi, quando incosciente, o magari anch’egli già esanime, giaceva a terra.

È successo tutto in un lampo, istante di una fine mattina di aria calda sui volti e sui corpi coperti dai caschi e dalle tute. L’ebbrezza scorreva via come i brividi su due ruote, troppo veloci però per essere controllati lungo la strada provinciale 11 che unisce Ula Tirso a Paulilatino.

È verso il loro paese che si dirigevano il trentenne Roberto Daga, originario di Macomer, il ventisettenne Mario Sedda, operaio edile che a Paulilatino oltre che viverci ci era nato, e il loro amico Giovanni Melis, trentaduenne di Gadoni che da qualche tempo abitava ad Abbasanta assieme alla moglie di Neoneli e a una bambina di un anno e mezzo che lo aspettavano per pranzo. Con loro c’era anche Ivano Saba, in sella alla quarta moto, finito a sua volta a terra, unico superstite del gruppo. È ricoverato a Cagliari con vari traumi che però non sembrano metterlo in pericolo di vita. Così come in ospedale c’è Carlo Masala, il ventenne che guidava la macchina coinvolta nell’incidente: è sotto choc, ma è uscito pressoché illeso dall’abitacolo ridotto a un ammasso di lamiere dopo lo schianto con le moto e la fine della corsa contro un muretto a secco. Più avanti, invece, si trovava un amico dei motociclisti, già arrivato alle porte del paese quando ha notato che gli altri non arrivavano.

È tornato indietro e ha visto quel che poi avrebbe visto chiunque passasse di lì, prima che i carabinieri bloccassero il passaggio, o chi lì andava per cercare una speranza di vita che non poteva trovare. Le moto, dopo essere uscite da una curva mentre si dirigevano verso Paulilatino, hanno imboccato un lunghissimo rettilineo che però ha le sue insidie perché è fatto anche da una serie di saliscendi, che i ciclisti che passano di lì chiamano scherzosamente “le tre grazie”, proprio perché li fanno impazzire di fatica. Ma le moto no, non la sentono la stanchezza di chi pedala.

Passata la curva e imboccato il rettilineo, è stata solo una questione di istanti. Le quattro moto non potevano vedere la macchina che arrivava e che stava risalendo il dosso, mentre loro lo stavano per iniziare in discesa. Dall’altra parte della strada, l’automobilista non poteva scorgere le moto per il motivo opposto. Fatto sta che qualcuno ha invaso la corsia opposta. Poi si può solo ipotizzare che uno o più d’uno dei veicoli abbia cambiato traiettoria per cercare di evitare l’altro che si era trovato di fronte all’improvviso. Solo che nello spazio di venti metri e in un intervallo di uno, al massimo due secondi, tutti si sono colpiti. Due corpi sono rimasti sull’asfalto, il terzo è volato oltre il muretto ed è stato ritrovato più tardi. Anche due delle moto, o quel che di esse rimaneva, si sono sfracellate sulla strada, mentre una terza ha saltato lo stesso muretto prima di prendere fuoco. Le fiamme hanno allora investito uno dei due motociclisti che giacevano sull’asfalto, prima di iniziare un altro percorso di morte. Quello della natura consumata dall’incendio che dopo ore si era mangiato ettari di macchia, oliveti e bosco e che a tarda sera non era ancora stato spento.

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