La Nuova Sardegna

Natura

C’è anche la Sardegna nel progetto per salvare la Pinna Nobilis

di Gianni Bazzoni
C’è anche la Sardegna nel progetto per salvare la Pinna Nobilis

L’epidemia mortale è cominciata nel 2016 e si è allargata a tutto il Mediterraneo. Il programma Life mira a fare riprodurre in laboratorio gli individui più resistenti

19 luglio 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Sassari L’epidemia mortale è cominciata lungo le coste spagnole nel 2016 e si è poi allargata all’improvviso in tutto il Mediterraneo occidentale, coinvolgendo la Sardegna. In poco tempo gli equilibri sono stati sconvolti e la Pinna nobilis - comunemente conosciuta come nacchera di mare - è diventata una specie a rischio di estinzione, tanto che l’Unione internazionale della Conservazione della Natura) è stata costretta a riclassificare Pinna nobilis come Critically Endangered (in pericolo critico).

In un primo momento i ricercatori hanno individuato nel protozoo Haplosporidium pinnae, che attacca l’apparato digerente del mollusco, l’unico responsabile dell’epidemia. Ma analisi molecolari più recenti hanno attribuito anche ad alcune specie di batteri (micobatteri, vibrioni) un ruolo primario nella gigantesca moria di nacchere di mare.

Nel complesso, i censimenti hanno evidenziato che la profondità, il tipo di habitat e la densità degli individui non influenzano la probabilità di contagio. Gli individui affetti ma ancora vivi sono chiaramente differenziabili dal momento che presentano una retrazione del mantello (che non raggiunge il bordo della valva) e una chiusura molto lenta delle valve in relazione a stimoli.

C’è un progetto che guarda anche alla Sardegna - in particolare all’Asinara e all’Università di Sassari - per salvare la Pinna nobilis: si chiama “Pinna”, è stato finanziato dal programma Life, settore prioritario Natura e Biodiversità, e si concluderà alla fine del 2025.

L’obiettivo è quello di realizzare azioni pilota di ripopolamento della specie. All’attuazione partecipano l’Agenzia regionale per la Protezione dell’ambiente della Liguria, il Parco nazionale dell’Asinara, l’Istituto nazionale di Biologia di Ljubljana in Slovenia, la Società cooperativa Shoreline di Trieste, Triton Research, le Università degli Studi di Genova e Sassari.

Le azioni sono finalizzate a valutare i parametri ambientali e gli agenti eziologici presenti nel Mediterraneo che hanno determinato la moria della specie e un’attività di ricerca di individui resistenti ai patogeni e la messa a punto di tecniche di allevamento in cattività per interventi di ripopolamento.

Nel dettaglio, il progetto in questi anni ha permesso di svolgere un’indagine ambientale e sanitaria sugli habitat più idonei alla specie, tra cui l’isola dell’Asinara, e sugli esemplari di nacchera di mare ancora in vita.

Un’accurata analisi genetica, ha inoltre permesso di capire i motivi della loro resistenza alle patologie e di selezionare gli individui migliori candidati a generare discendenza, cioè quelli da far riprodurre in laboratorio. Una operazione finora mai realizzata con questa specie.

Il professor Marco Casu dell’Università di Sassari ha partecipato nei giorni scorsi a Valencia (in Spagna) al Convegno scientifico Isms (International symposium on Marine science), una delle rassegne europee più prestigiose per la biologia marina. Ecco la sua considerazione: «Insieme ai colleghi Daria Sanna, Fabio Scarpa e Chiara Locci, abbiamo presentato un lavoro sulla storia evolutiva di Pinna nobilis, a partire dall’ingresso del suo antenato atlantico in Mediterraneo, circa 2,5 milioni di anni fa sino alla catastrofica mortalità di massa dei nostri giorni, sulla base di un’analisi genetica svolta su circa 450 individui. Grazie a questi dati stiamo pianificando con il direttore del Parco nazionale dell’Asinara Vittorio Gazale un piano di azione per preparare il trasferimento dei primi individui di Pinna nobilis, valutando preliminarmente le condizioni delle acque affinché il trapianto abbia successo. Al momento gli studi dei ricercatori dell’Università di Sassari suggeriscono che le condizioni dell’Asinara sono le migliori possibili, caratterizzate dall’assenza di potenziali patogeni».

Intanto l’Università di Genova, nel laboratorio di Camogli coordinato dalle ricercatrici dell’Università di Genova Chiara Chiantore e Maria Paola Ferranti, a partire da individui resistenti, perlopiù provenienti dall’Alto Adriatico, ha ottenuto le prime larve di Pinna nobilis che vengono alimentate e fatte crescere in cattività fino a che i giovani molluschi saranno pronti per essere trasportati e reintrodotti sui fondali delle quattro “aree pilota”, cioè i siti ritenuti adatti al ripopolamento, le aree marine protette dell’Asinara, di Capo Mortola, di Miramare e di Strunjan in Slovenia.

Gli individui sono stati già verificati da un punto di vista della compatibilità genetica e le aree che ospitano sono considerate idonee a seguito di analisi molecolari, condotte a intervalli regolari su altri piccoli bivalvi, chiamati “sentinelle”, per segnalare in anticipo l’eventuale presenza di virus, batteri e protozoi pericolosi.

Le specie sentinella utilizzate appartengono ai generi Mytilus e Ostrea e durante le attività di studio sono stati analizzati fino a 25 campioni per sito. In tutti i siti dell’Asinara non è stata rilevata la presenza del protozoo Haplosporidium pinnae ed è risultata anche priva di micobatteri patogeni. Per questo motivo il sito è stato selezionato per la realizzazione delle attività di ripopolamento.


 

Primo piano
Calcio

Torres – Perugia: 1-0, vantaggio dei rossoblù con Fischnaller – DIRETTA

di Francesco Zizi
Le nostre iniziative