La Nuova Sardegna

Lo studio internazionale

A tre anni dal grande rogo le foreste del Montiferru continuano a morire

di Paolo Ardovino
A tre anni dal grande rogo le foreste del Montiferru continuano a morire

L’Enea e l’università di Cagliari: «La vegetazione circostante soffre una morte ritardata»

23 luglio 2024
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Sassari Quelle giornate le ricordano tutti. Un impatto ambientale avvertito in punti lontanissimi dell’isola. Lontani da quella micro-regione che è il Montiferru, che vedeva il suo monte cedere alle fiamme. Tre anni fa, in queste ore, tutto diventava cenere. Tre anni dopo, ecco lo studio di un gruppo di ricerca che unisce l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie Enea e il dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’università di Cagliari. Ricerca condotta attorno a quella vegetazione colpita dal maxi incendio che iniziò nella data di oggi, nel 2021, e durò diversi giorni.

Il risultato Il verde ha sì cominciato a ripopolare quei 13mila ettari «ma le conseguenze del grande incendio non si sono esaurite con lo spegnimento delle fiamme»: è questo che sostiene la pubblicazione apparsa sulla rivista scientifica “Fire” e che dà la copertina al prossimo numero. Gli effetti di quel dramma ambientale, a distanza di tempo – oggi sono passati 1.095 giorni – continuano a danneggiare la vegetazione. In particolare gli alberi ai margini delle aree bruciate. Lo studio ha approfondito indagini iniziate nel 2022 e si è spostato nelle foreste ai margini delle aree colpite. Ebbene, i risultati sembrano confermare che nei mesi successivi al grande incendio sia subentrato «un meccanismo silenzioso di moria degli alberi, chiamato “mortalità ritardata”. Paradossalmente, i boschi più interessati sono quelli che l’incendio aveva solo sfiorato.

I commenti Il ricercatore di Enea Ivo Rossetti entra nello specifico: «In prossimità dei margini dell’incendio gli alberi hanno maggiori opportunità di sopravvivere, seppur danneggiati. Tuttavia, i danni subiti possono innescare processi di decadimento, come necrosi dei tessuti e compromissione del trasporto della linfa. L’albero può sopravvivere, ma possono anche subentrare altri fattori, come la competizione con alberi vicini, la siccità o l’aggressione di patogeni, che possono portare alla “morte ritardata” della pianta, che può perdurare anche per alcuni anni successivi».

Lo studio ha integrato i dati satellitari con indagini sul campo svolte su 176 aree di rilevamento distribuite su tutte le tipologie forestali coinvolte. Giuseppe Fenu, a capo del team universitario di Cagliari, aggiunge: «L’osservazione di lungo termine sta evidenziando come gli effetti di un evento estremo siano molto complessi, diluiti nel tempo e, spesso, poco vistosi. In questo contesto, la valutazione sulla ripresa della vegetazione forestale è solo una parte di un puzzle complesso fatto di relazioni e processi ecologici». Lo studio rileva anche segnali positivi, processi di recupero di alberi e piante da non sottovalutare. È il caso di specie di particolare valore conservazionistico, come il tasso e l’agrifoglio, che non erano state rilevate nello studio del 2022 e oggi tornano a ripopolare il Montiferru.

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