L’isola dei soprannomi: “mangia topi” a Ruinas e il “casino” di Pompu
Un viaggio tra paesi e città della Sardegna tra sfottò e tradizione: Masullas, Zeddiani, San Vero Milis, Samugheo, Uras, Siamaggiore e Bonarcado
Masullas “Masuddas sa bidda ’e is puddas”, ovvero: Masullas, il paese delle galline. La cultura popolare non è mai stata generosa nell’affibbiare epiteti a un paese ed ai suoi abitanti. In Sardegna il paese più lontano è Pompu, centro dell’Alta Marmilla che forse perché, come tanti centri delle zone interne, quasi isolato o comunque mal collegato da una rete viaria quasi effimera, per indicare il minuscolo villaggio usa ancora dire “casin’e Pompu, ovvero, il paese che sta in casino, modo piuttosto volgare per indicare un luogo talmente irraggiungibile da considerarlo improbabile. Epiteto ingeneroso che non è certo un caso isolato. Tra i tanti esempi c’è infatti “Zeddiani, sa ’idda ’e pagu pani” (Zeddiani, il paese con poco pane) ad indicare l’estrema povertà degli abitanti del centro dell’Oristanese. Va ancora peggio per San Vero Milis: il centro, oggi meta di migliaia di turisti che apprezzano le sue bellissime coste, viene indicato come “Santeru, sa ‘idda ‘e su disisperu” (San Vero Milis, il paese della disperazione).
Epiteti nei confronti dei paesi e dei loro abitanti che spesso nascono da forme di campanilismo. Ed ecco ad esempio che gli abitanti di Samugheo chiamano i vicini di Ruinas “Arruinesus papa-topis” (ruinesi mangiatopi), ad indicare la loro povertà. Non meno ingeneroso è il detto, pare sempre coniato nella vicina Samugheo “arruinesus arruinaus” (ruinesi arrugginiti). Campanilismo ricambiato con gli interessi dai ruinesi che per gli abitanti di Samugheo avevano coniato “Is peu’ pestas funtis: su cruculeu, su pibitziri e su sumughesu” (Le peggiori pestilenze sono: i passeri, le cavallette e il samughese) ma anche, a sottolineare l’invadenza dei vicini “Chi furrias una pedra, asutta dhui agatasa un procu-muntoni, un tziringoni e un sumughesu” (Se sollevi una pietra, sotto ci trovi un millepiedi, un lombrico e un samughese). Probabilmente nessun paese sfugge all’ironia popolare. Ecco ad esempio “Uras, sa ‘idd’ ‘e is travessuras” (Uras, il paese della stoltezza). Siamaggiore diventa “Orgosoleddu” (piccola Orgosolo) e gli abitanti sono “Siamaiori bocchidori” (Siamaggiore, uccisore). Infine Broàncadu chibudda, bessit a foras e no fait nudda” (Bonàrcado cipolla, fuori dal suo paese non combina nulla).
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