La Nuova Sardegna

La testimonianza

«Sfinito dopo 10 ore di fuoco», Franco Casula a Orotelli racconta la guerra impari dei Forestali

di Luigi Soriga
«Sfinito dopo 10 ore di fuoco», Franco Casula a Orotelli racconta la guerra impari dei Forestali

«Le fiamme fermate con la tecnica del controfuoco» L’allarme: «Siamo in pochi, e tanti over 60: la lotta ai roghi è massacrante»

22 luglio 2024
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Sassari Dopo 10 ore spese a guardare in faccia le fiamme, quando il fuoco finalmente non aveva più terra da divorare, si è tolto il casco, si è sdraiato su un muretto a secco, il cielo ancora avvolto da una sottile garza di fumo, ha respirato tutta la stanchezza del mondo e l’ha soffiata fuori guardando la luna. «Esausto ma appagato – dice – In quel preciso istante pensavo: beh, anche oggi il mio l’ho fatto». L’immagine di Franco Casula, 50 anni, originario di Fonni, residente a Sassari, guardia forestale, stremato a pochi passi dalle case di Orotelli è diventata il simbolo della fatica di chi combatte gli incendi. 60 ore di lavoro in quattro giorni, perché quando i roghi corrono, non ci sono più turni e orologi. C’è solo emergenza, e un esercito troppo piccolo per fronteggiare un nemico troppo grande.

«Sull’elicottero abbiamo fatto la ricognizione. L’incendio puntava verso le case, mi sono fatto lasciare a 400 metri dall’abitato. Lì c’era una zona più pulita, con poca vegetazione. Perfetta per attivare il controfuoco». Franco Casula infatti fa parte del Gauf (Gruppo di Analisi e Uso del Fuoco), quelle “forze speciali” del corpo Forestale conosciuti anche come i “mastros de fogu”. Quelli che quando tutti fuggono dal fuoco che avanza, loro gli vanno in contro. «A Orotelli le fiamme raggiungevano anche i 20 metri di altezza. Funziona così: se il fuoco divora un arbusto, la fiamma si innalza una volta e mezza l’altezza della chioma. Così un albero di 8 metri, crea un muro di fiamme da 20 metri. Il classico cespuglio di “chessa” di 4 metri, alimenta un’onda di fuoco di 10 metri. E tu che ti devi avvicinare, è come se ti accostassi a un forno aperto da 600 gradi. La temperatura corporea ti sale a 43 gradi, è come se avessi la febbre, e per ristabilire i tuoi 36 gradi ci vogliono ore. Ormai conosco il mio corpo, e so quando sono al limite e ho bisogno del cambio. Occorre esperienza».

Per sfidare il fuoco con il controfuoco bisogna avvicinarsi a venti metri. Infatti l’incendio, quando è grosso, richiama aria a sé. È quella sensazione di vento caldo che ti avvolge. Gli agenti del Gauf sfruttano questa sorta di effetto camino, cioè quella depressione che a venti metri aspira verso di sé le altre fiamme. In pratica si blocca l’avanzata appiccando davanti al rogo un altro rogo. «Con un gocciolatore di gasolio ho incendiato una striscia lunga 400 metri». La fiammella è cresciuta rapidamente, aspirata dal vortice di calore e quando si è infranta con l’onda di fuoco era già una barriera capace di neutralizzarla. In pratica il controfuoco mangia tutto il materiale combustibile, e l’incendio non ha più di che alimentarsi e muore. «Io la chiamo chirurgia d’urgenza del paesaggio. Se fatta bene è efficacissima. In pochi minuti, e con mezzo litro di gasolio, si può ottenere lo stesso risultato di sette elicotteri». Il fatto è che la tecnologia, contro la natura, funziona sino a un certo punto. La cascata del Canadair non spegne un muro di fuoco alto 10 metri, e sopra fiamme di 20 metri, l’acqua diventa una nuvola di vapore. Abbassa la fiamma, ma non la doma. L’attacco dal cielo non basta.

«Prima di andare a Orotelli, da mezzogiorno alle 18 ero impegnato nel rogo di Burgos. La bonifica devi farla a mano, metro per metro, scavando con la zappa, anche sotto le pietre e le rocce, per creare una striscia pulita, senza foglie e sterpaglie che rialimentano il fuoco. È un lavoro massacrante. Per raggiungere un focolaio, e farmi strada in mezzo alla vegetazione, ho dovuto tagliare con la cesoia 800 rametti della grandezza di un pollice. Tutto questo a 35 gradi, sotto il sole, e con la temperatura che sale man mano che ti avvicini alle fiamme». Il corpo forestale conta circa mille unità, delle quali però la metà sono gli amministrativi. Significa che in prima linea, sulle emergenze, l’esercito schierabile è di 500 persone. Di questi la stragrande maggioranza sono stati assunti nel 1991, perciò parliamo di over sessanta. Esiste il senso del dovere e lo spirito di sacrificio, ma l’anagrafe rema comunque contro: 8 ore sul fronte rovente, zappa in mano, soffiatore, o idranti, a una certa età diventa disumano. Perciò alla fine gli agenti al 100% operativi si riducono a poco più di duecento. Ora la situazione è ancora sostenibile, ma tra quattro o cinque anni la tutta la vecchia guardia andrà in pensione, e per ora non si vede il ricambio generazionale.

«Ci ho messo 15 anni ad acquisire le mie competenze – dice Franco Casula – 15 anni di studio e di esperienza sul campo. In questo mestiere non ci si può improvvisare. La miglior riconoscenza che la Sardegna potrebbe dimostrare per quello che facciamo, è l’assunzione di altre 500 persone nel Corpo Forestale e di vigilanza ambientale e Forestas. Le carenze già ora sono pesanti e lo saranno ancora di più tra qualche anno. Per sconfiggere gli incendi servono persone che conoscano palmo a palmo il territorio, capaci di trovare le scorciatoie, di capire subito come tira il vento e dove porterà le fiamme. Persone assunte nelle piccole comunità, che chiacchierano con l’agricoltore e il pastore, e con chi quel territorio lo vive ogni giorno». Ben venga la flotta di aerei e di elicotteri. Ma anche chi si sporca le mani e la faccia di fuliggine e sudore, là sotto, in mezzo al fumo, per 10 ore.
 

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