La Nuova Sardegna

L’emergenza

Pronto Soccorso di Olbia: «Rischio collasso, l’attesa può durare una notte»

di Marco Bittau
Pronto Soccorso di Olbia: «Rischio collasso, l’attesa può durare una notte»

Molti rinunciano, tornano a casa e minacciano denunce

31 luglio 2024
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Olbia Al pronto soccorso dell’ospedale Giovanni Paolo II si può anche passare la notte aspettando il proprio turno. Seduti su una sedia o dimenticati su una barella, non fa differenza. Lo sa bene la paziente cardiopatica di Olbia entrata nel reparto la mattina di qualche giorno fa e uscita l’indomani dopo una notte da incubo. Un caso eccezionale? Niente affatto, è solo l’ultimo – in ordine di tempo – di un interminabile elenco di disperate segnalazioni quotidiane che giungono in redazione. Ce ne sono di tutti i tipi: chi protesta e resiste, chi si arrende e torna a casa o in albergo, chi non si capacita di come possa succedere tutto questo, chi addirittura minaccia esposti alla magistratura e chiama i carabinieri.

Una processione di disperati, feriti e doloranti, alla ricerca del conforto e dell’assistenza che non ci sono oppure che ci saranno soltanto dopo molte ore di attesa. Un girone infernale insopportabile. Tutti lamentando ad alta voce la vergogna di un trattamento disumano e di una sanità da sottosviluppo. Eppure il responsabile del Dipartimento di urgenza ed emergenza della Gallura, Attilio Bua, per anni primario del pronto soccorso di La Maddalena, poi di quello del Giovanni Paolo II, aveva previsto tutto e aveva avvisato con largo anticipo, lo scorso maggio, sulle pagine della Nuova Sardegna: «L’estate sarà terrificante».

In realtà, tutte le estati al pronto soccorso di Olbia sono terrificanti, ma ogni anno è peggio del precedente e adesso si rischia davvero il collasso. Soprattutto i mesi da giugno a settembre, quando la Gallura è presa d’assalto dai turisti, il reparto sprofonda in un abisso senza fine, nonostante l’impegno del (poco) personale in servizio. È il tracollo annunciato, figlio della catena di problemi e disservizi che la Asl gallurese si trascina di anno in anno. Il personale insufficiente e inadeguato, prima di tutto, visto che al pronto soccorso di Olbia lavorano medici “a gettone”, spesso stranieri senza alcuna esperienza. In secondo luogo la mancanza di medici di base e la chiusura di molte guardie mediche turistiche nel territorio, anche nelle località costiere. Sono quei presidi che prima svolgevano la funzione di filtro evitando il ricorso al pronto soccorso anche per piccoli infortuni o patologie non gravi.

Oggi che la loro apertura non è più garantita giornalmente è la stessa Asl a indirizzare i pazienti – ad esempio, da Arzachena, Palau e Santa Teresa Gallura – nelle strutture di emergenza 118 e nel pronto soccorso dell’ospedale di Olbia. Che così rischia di implodere da un giorno all’altro. Dello stato di crisi della sanità gallurese la paziente cardiopatica che l’altro ieri ha trascorso la notte in ospedale, adagiata su una barella al pronto soccorso, forse aveva solo sentito parlare. Vivere sulla propria pelle e vedere con i propri occhi però è un’altra cosa.

Sentire i lamenti di chi soffre e quelli di chi aspetta da 10 ore il proprio turno significa sporcarsi le mani di sangue e partecipare al dolore altrui. Uscire finalmente da quella porta e tornare a casa, il giorno dopo, è una liberazione. La fine di un incubo.

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