Pronto Soccorso di Sassari: «Sei pazienti ogni ora e non si può chiudere mai»
Il direttore Paolo Pinna Parpaglia: «Siamo sotto organico ma al nord non c’è alternativa»
Sassari «La differenza tra noi e il Brotzu? Semplice: noi, qualunque cosa succeda, non possiamo chiudere. Mai». Non cerca polemiche o ribalta il direttore dell’unità operativa complessa di medicina d'emergenza e urgenza dell’Aou di Sassari, dentro cui c’è il più grande pronto soccorso dell’isola.
Anche perché il tempo per “alzare la testa” dal lavoro semplicemente non c’è, soprattutto in queste infernali giornate estive in cui due terzi dei turisti che sbarcano nell’isola vengono dirottati per ogni urgenza nella struttura del Santissima Annunziata.
«Rispetto al 2022 – sottolinea Paolo Pinna Parpaglia – stiamo registrando 1800 accessi in più al mese: da 3200 a 5000. E se consideriamo che pediatria e ginecologia hanno un pronto soccorso dedicato arriviamo a 6500. Questo ci costringe a un enorme sforzo organizzativo, a potenziare i turni, a ricorrere a ore di straordinario, a rinunciare alle ferie. Perché la nostra struttura deve comunque garantire standard di alto livello, perché la nostra struttura non si può fermare mai».
Il pensiero va al black out del Brotzu, con la serrata di tre giorni dell’ospedale cagliaritano. «Ci sono stati dei disagi importanti – spiega Pinna Parpaglia – ma l’impatto è stato retto perché Cagliari ha altri due grandi ospedali che hanno quasi tutte le discipline. Sono arrivati pazienti anche a Sassari. Noi, circa un mese fa, abbiamo avuto un black out di 8 ore. Abbiamo fatto i salti mortali per continuare a garantire il servizio. Non perché siamo più bravi degli altri, ma semplicemente perché non c’è alternativa». Una situazione che inevitabilmente richiede un’attenzione diversa per l’hub sassarese, messo sotto incredibile pressione non solo dai turisti che affollano le coste da Bosa a ovest fino a Cala Gonone a est, passando per la Costa Smeralda e tutta la fascia a nord, tutte zone di competenza dell’ospedale sassarese, ma anche dalle crepe nel sistema territoriale di filtro. Basti la chiusura del reparto di ortopedia a Nuoro, al fatto che a Oristano manca la reperibilità dell’ortopedia notturna e a Tempio, ortopedia rimane chiusa per le urgenze.
Risultato: con un organico già ridotto all’osso nel momento in cui a Sassari arrivano anche i pazienti da Nuoro, Olbia e Oristano, la coperta diventa cortissima. «Gli organici sono il problema maggiore – spiega Pinna Parpaglia –. Attualmente siamo 20 e abbiamo fatto un gran lavoro organizzativo, dimezzato i tempi di attesa nonostante l’aumento così importante degli accessi, che da anni crescono in doppia cifra percentuale. E abbiamo ridotto i ricoveri dal 31 al 18%. Creando un argine che permette anche all’ospedale di non “saltare”».
«Da punto di vista sia quantitativo che operativo teniamo botta, ma lavoriamo sul filo del rasoio – continua – e la pressione è forte. Non la portiamo all’esterno, anche perché il clima è ottimo e lo sono anche i rapporti con la direzione strategica. Ma mancanza di clamore non deve essere presa come: noi non abbiamo problemi. I problemi ce li abbiamo e li abbiamo grossi». Sul rapporto con l’assessore regionale: «Lo abbiamo incontrato di recente. Ci ha parlato di una riorganizzazione complessiva della rete delle emergenze, che rimetta i due hub di Sassari e Cagliari al primo posto. Abbiamo fiducia in questo, sapendo che serve tempo. Nel mentre ottimizziamo, investiamo. Abbiamo medicina d’urgenza con area critica, un grande impegno che ci consente però di rimanere attrattivi e di mantenere la scuola specializzazione. E realizzeremo in un anno il trauma center. Siamo una Ferrari col freno a mano tirato, che non vede l’ora di poter iniziare a correre».