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Guardie mediche in tilt: nell’isola 1 su 4 è chiusa o carente

di Andrea Massidda
Guardie mediche in tilt: nell’isola 1 su 4 è chiusa o carente

Retribuzioni troppo basse, i camici bianchi ignorano le Asl. Desole (Fimmg): «Servono subito incentivi dalla Regione»

01 agosto 2024
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Cagliari Su 191 guardie mediche teoricamente attive in Sardegna, di fatto almeno una cinquantina sono chiuse o carenti di camici bianchi, quindi molto limitate nella loro operatività. Così, proprio quel servizio nato con lo scopo di garantire ai cittadini l’assistenza sanitaria nelle fasce orarie non coperte dal medico di famiglia e dal pediatra di libera scelta – servizio poi rivelatosi utilissimo anche per fare da filtro ai pronto soccorso sempre intasati – nell’isola arranca.

Il motivo? Fondamentalmente uno: la retribuzione è irrisoria rispetto alla responsabilità, alla professionalità e ai carichi di lavoro richiesti. Lavoro che si svolge in prevalenza di notte e nei giorni festivi e prefestivi. Morale: in troppi finiscono per mettere da parte lo stetoscopio chiedendosi: «Ma chi me lo fa fare?». A confermare che le cose stanno davvero in questo modo è Antonello Desole, vicesegretario regionale della Federazione medici di Medicina generale. «Effettivamente – spiega – dai dati in nostro possesso emerge che non tutte le guardie mediche presenti nell’isola sono a regime. Per essere ancora più chiari, significa che vengono banditi dei posti di assegnazione di titolarità, ma in molti casi questi posti rimangono deserti».

«Le varie Asl – continua Desole – tentano ove possibile e ciascuna per il proprio territorio di competenza, di coprire i turni dando manifestazioni di interesse che coinvolgono medici che siano liberi da incarichi. Tuttavia alcune sedi non hanno assolutamente appeal: un po’ per la difficoltà ad essere raggiunte, anche se c’è un rimborso chilometrico minimale, e un po’ forse soprattutto perché il compenso è davvero troppo basso: diciamo che non arriva a 24 euro lordi per ogni ora di lavoro. Ed è chiaro – dice allargando le braccia il segretario generale della Fimmg – che con queste cifre fare 12 ore filate di guardia medica in una località talvolta disagiata o lontano da presidi ospedalieri, certo non è una cosa molto appetibile. Se poi a tutto ciò si aggiunge l’offerta allettante di altri settori della sanità, ma anche l’attuale e oggettiva carenza di medici, dietro l’angolo c’è persino il paradosso: perché queste guardie mediche, oltre a fornire il servizio sanitario al cittadino, trent’anni fa garantivano uno sbocco professionale proprio a quei medici che all’epoca risultavano in eccesso rispetto alla reale offerta del lavoro».

Fatto sta che i cittadini al servizio di guardia medica, calcolato con una sede ogni cinquemila abitanti, si era molto affezionato. «È così – dice Antonello Desole –, da quando esiste la guardia medica ha sempre rappresentato la certezza che nelle ore in cui non puoi rivolgerti al tuo medico di famiglia c’è comunque chi veglia e si prende cura di te e può darti risposte immediate. Cosa che, non c’è quasi bisogno di ricordarlo, ha per la sua natura enormemente contribuito ad evitare i cosiddetti accessi impropri al pronto soccorso».

Soluzioni? Per Antonello Desole non ci sono dubbi. «La prima cosa da fare è quella di aumentare in maniera consistente il compenso di un medico esposto a un lavoro molto gravoso come quello delle guardie. È arrivato il momento che si mettano in campo quegli incentivi di cui recentemente la presidente della Regione Todde e l’assessore alla Sanità Bartolazzi hanno parlato».

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