La Nuova Sardegna

La storia

Nomadi digitali a Laconi, la ricetta antispopolamento: vita rurale e lavoro in condominio

di Salvatore Santoni
Nomadi digitali a Laconi, la ricetta antispopolamento: vita rurale e lavoro in condominio

Arrivano da tutto il mondo, alla ricerca di tranquillità e connessioni veloci

28 agosto 2024
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Sassari Nuova Zelanda, Stati Uniti, Germania, Canada e Colombia. Sono soltanto alcuni dei Paesi di provenienza del via vai di “forestieri” che da un certo periodo a questa parte è cominciato a Laconi.

Il paese dell’Oristanese, che conta 1600 anime, sta infatti vivendo un curioso assalto di facce nuove. Sono tutti nomadi digitali, persone tra i 25 e i 40 anni che girano il mondo in cerca di un “nido” temporaneo dove poter vivere e lavorare in santa pace. Ma perché proprio a Laconi? La risposta è Treballu, il primo spazio di coliving rurale dell’isola. Una sorta di condominio nato qualche anno fa in sordina ma che ha vissuto fin da subito un boom.

Coliving Il coliving è l’evoluzione del concetto del coworking. Quest’ultimo è un modo per lavorare insieme condividendo gli spazi e le esperienze. Il coworking è ormai diffuso in molte città e si traduce in un ufficio di una certa dimensione, una sorta di sala biblioteca, dove si lavora insieme ad altre persone. E lo stare insieme è anche contaminazione: ci si conosce, si collabora. Il concetto di coliving amplia il concetto fino al vivere insieme. Un’idea potentissima, che riesce a far trasformare una casa diroccata in un paesino a rischio spopolamento nel centro del mondo. Carlo Coni e la sua compagna Annalisa Zaccaria hanno raggiunto esattamente questo obiettivo. Hanno preso questa novità del panorama internazionale, il coliving, e lo hanno messo a correre nel posto a cui tengono di più: casa loro. Ne è nato uno spazio creativo rurale ricco di attività sociali e culturali, che sta portando effetti benefici a tutto il territorio.

Treballu A Laconi tutto è nato attorno a una casa ereditata. «Mi occupo da tempo di progettazione europea – spiega Carlo Coni – e dal 2011 ho potuto a partecipare a diverse esperienze internazionali fino ad arrivare a Sende. Non volevo emigrare, anche se avevo ricevuto offerte di lavoro all’estero e sarei potuto andare via. Nel 2018 ho ricevuto un’abitazione in eredità e ho chiesto e ottenuto un finanziamento dalla Regione. Siamo quindi partiti con uno spazio di coworking dedicato solamente alla comunità locale, una cosa semplice. Poi è arrivato il Covid a complicare le cose e il progetto non aveva attecchito come volevamo. Nel 2021 abbiamo quindi deciso di riconvertire alcuni spazi degli uffici in camere da letto e abbiamo fatto partire il coliving. Da quel momento è stata una crescita continua: prima 3 persone, poi 15, fino a 25».

Da tutto il mondo I nomadi digitali hanno iniziato ad arrivare senza sosta. «Soprattutto donne – riprende Carlo Coni –. Il primo ospite è stato un ragazzo neozelandese. In generale, circa la metà sono dipendenti di aziende che permettono di lavorare da remoto ma arrivano anche molti liberi professionisti. Il profilo tipo va dall’esperto di marketing al contabile. Abbiamo avuto anche uno psicologo che faceva le sedute online e poi molti sviluppatori web e consulenti di vario genere. A noi spetta soltanto garantire loro uno stile di vita collettivo, mettendo a disposizione uno spazio dove lavorare con una connessione internet ad alta velocità. E questo punto i primi anni è stato davvero critico, ma poi la situazione è migliorata». La vita di un coliver (una persona che si trasferisce in una struttura di coliving) a Laconi è molto piena. I momenti di vita quotidiana nella casa sono arricchiti da escursioni nel territorio, eventi, spuntini allargati. In sostanza, il ruolo dei gestori è quello di inserire al meglio i nomadi digitali nel tessuto sociale locale. E i numeri e l’entusiasmo che si è creato attorno a Treballu dicono che la formula si è rivelata vincente.

In crescendo «Ci siamo ritrovati con molte richieste, che arrivano quasi quotidianamente – dice ancora Carlo Coni – c’è chi ci ha chiesto di poter restare per sei mesi. E per fare un processo di questo tipo è necessario avere servizio più grosso e strutturato, sia per lo spazio dedicato al lavoro sia per le case. Per fare questo upgrade abbiamo presentato un progetto alla European Youth per avviare un processo partecipativo che coinvolge la comunità locale. Il punto di arrivo è provare a diventare intermediari per case sfitte o abbandonate e provare a rivolgerci a famiglie di lavoratori smart che vogliono fare un’esperienza più lunga».

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