La Blue tongue dilaga nell’isola, il 40% dei pastori dice no ai vaccini
I capi morti hanno superato quota 18mila mentre le pecore colpite sono 105mila
Sassari Oltre 18mila capi morti, 3mila focolai e quasi 105mila pecore colpite. Sono i drammatici numeri dell’epidemia di lingua blu che dallo scorso luglio sta imperversando in Sardegna.
Negli ovili colpiti fino a oggi vivono oltre un milione di pecore, ossia più di un terzo dell’intera popolazione ovina dell’isola. La comparsa della nuova variante, il sierotipo 3 (6.400 pecore morte fino al 30 settembre), nel centro sud Sardegna, complica una situazione già compromessa. Gli insetti vettore, quelli che trasmettono il morbo da una pecora all’altra, sono comparsi in Sardegna con un mese e mezzo di anticipo rispetto al previsto, complici le temperature miti.
La campagna di vaccinazione per il sierotipo 8 (6.200 pecore morte fino al 30 settembre) è iniziata a giugno, in grande ritardo perché potesse avere efficacia . Inoltre si è scelto di vaccinare solo le agnelle nelle aree più a rischio, con tanti allevatori che non hanno avuto nemmeno la possibilità di far immunizzare i propri animali. L’arrivo della variante 3, per la quale in Italia non esiste ancora un vaccino, ha fatto impennare il numero di capi morti.
Questo quadro, già di per sé preoccupante, è reso ancora più complicato dal fatto che il 40 per cento degli allevatori ha deciso di non vaccinare il proprio bestiame, come spiegano fonti della Asl. Alcuni pastori sono dichiaratamente no vax, altri hanno il timore che si possa ripetere quanto avvenuto in passato con i vaccini “vivi”, che avevano provocato la morte di numerose pecore. I vaccini che vengono somministrati oggi, tuttavia, sono molto sicuri, perché sono spenti (inattivati) e non danno alcun problema alle pecore.
Sono vaccini, fra l’altro, che possono essere usati per la vaccinazione di emergenza durante l’epidemia. Cosa che sta avvenendo in tutte le zone colpite dalla variante 8 (prevalentemente al centro nord dell’isola). Per contrastare la blue tongue devono essere messe in atto diverse strategie: dalla prevenzione, con l’uso frequente di repellenti (simili a quelli che si usano contro le punture di zanzara), l’eliminazione dei ristagni d’acqua nelle aziende, e la vaccinazione a tappeto.
Sostanzialmente non bisogna mai abbassare la guardia. Per i capi morti ci sono indennizzi, che l’assessore regionale all’Agricoltura Gian Franco Satta vorrebbe portare a 300 euro per animale. Ma i danni indiretti che gli allevatori subiscono dalla perdita di un animale sono estremamente più alti. Basti pensare che oggi il latte viene pagato due euro al litro. La scarsa copertura immunitaria delle pecore in Sardegna (nell’isola ci sono circa 2,9 milioni di pecore e 300mila capre), unita ai cambiamenti climatici, ha scatenato quella che si può definire la “tempesta perfetta”.
A questo si deve aggiungere che le pecore di razza sarda sono piuttosto fragili, essendo il frutto di una selezione molto spinta per la produzione del latte. Quelle che vengono allevate per la carne sono molto più resistenti ai virus. Arrivare all’immunità di gregge (e trattandosi di pecore, il modo di dire che ci siamo abituati a sentire durante la pandemia è più che mai calzante) è sostanzialmente impossibile. Le varianti del virus della blue tongue, infatti, si diffondono non solo tra gli ovini ma anche tra le capre, i bovini e la fauna selvatica (come cervi e daini). Questi altri animali possono essere colpiti dal virus senza avere sintomi, ma se punti da un insetto vettore possono chiaramente diffondere il virus. Vaccinare tutti i bovini, i daini e i cervi selvatici è sostanzialmente impraticabile.
Così le armi a disposizione degli allevatori per contenere i danni di questo tsunami sanitario restano quelle già dette della prevenzione, dell’igiene e della vaccinazione, là dove ci sia un vaccino disponibile. Ecco i dati aggiornati diffusi dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna il 1° ottobre: i focolai complessivi sono 2.778, così suddivisi: di sierotipo 3 sono 1.040, di sierotipo 4 sono 9, di sierotipo 8 sono 720, mentre altri 1009 focolai sono di un sierotipo ancora non identificato (i risultati della tipizzazione arrivano dopo 10 giorni). I casi complessivi sono 104.792 su un totale di 1.054.391 pecore presenti nei quasi 3mila ovili colpiti.
Per quanto riguarda la diffisione dei due sierotipi che stanno mietendo vittime, il sierotipo 3 è più diffuso al sud (468 focolai nel territorio della Asl di Cagliari, 187 nel Sulcis, 219 nel Medio Campidano, 122 a Oristano). Mentre il sierotipo 8 è diffuso nel nord: 305 focolai a Sassari, 140 in Gallura, 200 a Nuoro.