La Nuova Sardegna

L’intervista

Nicoletta Puggioni: «Insegnanti, ruolo da rivalutare dalla formazione agli stipendi»

di Andrea Sini

	La dirigente Nicoletta Puggioni e l'istituto Devilla 
La dirigente Nicoletta Puggioni e l'istituto Devilla 

Dirigente dell’Istituto superiore “Devilla” di Sassari: «Non è un lavoro come gli altri, bisogna investire seriamente sulla scuola»

15 ottobre 2024
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Sassari «Gli insegnanti lavorano in un contesto di difficoltà oggettiva, che deriva sia dalla mancata soddisfazione a livello economico di carriera, sia conseguentemente anche dal sempre più scarso riconoscimento del ruolo all’interno della società».

Con le trattative aperte tra il governo e le parti sociali per il rinnovo del contratto dei docenti, il tema del ruolo dei maestri e dei professori nel sistema scolastico italiano continua a tenere banco. Nicoletta Puggioni, dirigente dell’Istituto superiore “Devilla” di Sassari, nonché assessora alla cultura del capoluogo turritano, pone l’accento sulle difficoltà sempre maggiori che la categoria vive.

«Il mancato riconoscimento del ruolo e la perdita di prestigio a livello sociale del docente parte prima di tutto dallo stato del ruolo stesso a livello contrattuale. Iniziamo col dire che si tratta di una categoria professionale che non ha davanti una carriera – spiega la dirigente scolastica –. Quindi si sta su un piano livellato dove tutti sono uguali, nascono e muoiono professionalmente con lo stesso identico ruolo e questo non aiuta. Il mestiere di insegnante sta diventando sempre più un ripiego, più che una scelta: molti decidono di entrare nel mondo della scuola quando non trovano altro. Qui si apre la terza questione: quello di docente è anche un mestiere che richiede tanta formazione, tanti anni di studio, il raggiungimento di un livello culturale adeguato, ma non ha una retribuzione adeguata alle prerogative richieste. La maggior parte dei docenti svolge il proprio lavoro con passione, dedizione e grande serietà, ma per altri questo resta un ripiego».

Dallo scarso riconoscimento a livello contrattuale deriva dunque un disconoscimento del ruolo sociale. «Proprio così, ancor più nella condizione odierna, nella quale tutti pensano di dettare legge sulle metodologie e sulla gestione dell’insegnamento, tutti pensano di potersi sostituire ai docenti e molti genitori, forti della loro gestione di uno o due figli, pensano di poter spiegare a una maestra o a un professore che arriva da un lungo percorso di formazione, a gestire un gruppo di 20 alunni. Questa è un’ulteriore forma di screditamento, di tipo educativo, che è all’origine di problematiche che leggiamo spesso nelle cronache. Lanciare una sedia a un docente reo di aver chiesto a un alunno di mettere da parte il cellulare, come avvenuto in questi giorni, è un esempio perfetto di questa situazione. In più l’insegnante, soprattutto nelle grandi città, dove le diseguaglianze a livello sociale emergono di più, è considerato quasi un pezzente, perché con quello stipendio riesce a malapena a campare».

Tra gli effetti collaterali di questa situazione, c’è anche l’allontanamento dal mondo dell’insegnamento dei migliori profili. «La scuola sta perdendo le forze migliori. Dopo un percorso di studi molto difficile ed estremamente selettivo, chi può va a caccia di migliori opportunità e di un impiego che apra la strada a prospettive più interessanti. Le statistiche sulle prove Invalsi pubblicate in questi giorni – sottolinea ancora Nicoletta Puggioni –, nelle quali la provincia di Sassari è dietro la lavagna, dicono anche questo: sull’insegnamento della matematica siamo al passo? Oppure chi ha titoli di studio specifici in questa materia preferisce scegliere altre strade e la scuola è costretta a ripiegare su lauree affini? Oggi ci sono discipline per le quali è difficilissimo trovare insegnanti con titoli specifici: la matematica è una, l’altra è l’informatica. Quanto investe l’università su questo tipo di formazione? E quanto investe lo Stato sui docenti?»

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