Nell’isola fast food all’assalto: il cibo qui non conosce crisi
Attecchiscono sempre più McDonald’s, Burger King e Old Wild West. Inaugurati a Sassari Roadhouse e Billy Tacos e a breve Doppio Malto e Kfc
Sassari Nelle tavole si disegna una mappa planetaria, e in Sardegna la si legge sempre più spesso nei menù. Molti meno malloreddus, molti più hamburger e patatine fritte. È la geografia gastronomica delle grandi catene: McDonald’s, Burger King, KFC, Old Wild West che stanno colonizzando l’isola a colpi di inaugurazioni, tagli di nastro e pubblicità sempre più pervasive.
A Sassari, il prossimo 20 dicembre aprirà Doppio Malto, che a detta loro non è un pub, ma un’esperienza. Lo inaugureranno il 20 dicembre, giusto in tempo per l’aperitivo prenatalizio. Troverà casa a Predda Niedda, il cuore pulsante del commercio sassarese, là dove un tempo si andava all’Auchan, oggi ribattezzato Porte di Sassari. Il pub birreria artigianale è ormai una catena che fa capo al businessman nuorese Giovanni Porcu e che in Sardegna ha già radici ad Alghero, Cagliari, Villasimius, Olbia, San Teodoro. Doppio Malto a Sassari si aggiunge a una lista di presenze ormai familiari: McDonald’s, Burger King, Old Wild West. E non è finita. All’orizzonte c’è un Kentucky Fried Chicken (per gli amici KFC) nella “ corte del cibo Taneat”, con il suo pollo fritto che profuma di Kentucky ma arriverà via container. E poi Roadhouse e Billy Tacos in viale Porto Torres.
Sassari però non è sola. Olbia si muove sulla stessa lunghezza d’onda. Qui, tra le rotatorie di viale Aldo Moro, si prepara al debutto il primo Burger King cittadino, a due passi da un McDonald’s già affermato. È una specie di guerra fredda tra colossi, fatta di panini, bibite e strategie di marketing.
A Cagliari i grandi marchi hanno già consolidato le loro posizioni con un’offerta sempre più ricca, pensata per i turisti, ma che finisce per sedurre anche i sardi. Perché sì, anche il sardo medio – tra una cena in agriturismo e un pranzo a base di pecora bollita – cede al fascino di un cheeseburger. Sarà la velocità, sarà il prezzo, sarà che il mondo cambia e cambiano anche i gusti. Sarà anche che la fame non va mai in crisi. E non solo quella di cibo. Quella di riconoscersi in qualcosa di globale, di uguale, di facile. Perché entrare in un McDonald’s di Sassari o di Tokyo è lo stesso. Ordini, ti siedi, mangi. Tutto senza sorprese. Una promessa mantenuta, sempre.
E questa crescente domanda di format di ristorazione moderna sta ridisegnando il panorama del food sull'isola, con importanti implicazioni economiche, culturali e sociali. L’interesse dei sardi verso esperienze di consumo più veloci, ma con un'offerta ampia e diversificata, ha reso il mercato più appetibile alle catene multinazionali. Anche la fascia giovane della popolazione, spesso influenzata da tendenze globali, gioca un ruolo cruciale.
Insomma, dietro questa espansione ci sono opportunità e contraddizioni. Da un lato, i nuovi fast food portano lavoro. Contratti part-time, turni serali, ma comunque lavoro e finalmente non in nero. Poi portano movimento nelle aree commerciali e un tocco di modernità e globalizzazione in un’isola che non sempre sta al passo, e resta qualche puntata indietro. Ma in questo quadro ipercompetitivo c’è un nodo difficile da sciogliere: cosa succede alla ristorazione locale? Ai piccoli bar, alle trattorie a gestione familiare, ai ristoranti dove il menù talvolta è scritto a mano e il cuoco è anche il proprietario? A una cultura gastronomica fagocitata da un modello standardizzato, uguale in tutto il mondo. Succede che i pesci più piccoli devono alzare l’asticella. O reinventarsi. O specializzarsi. O chiudere.
La lotta per la sopravvivenza è feroce, e le armi in campo sono impari: da una parte i colossi con budget milionari e campagne pubblicitarie studiate a tavolino; dall’altra, chi si affida al passaparola e alla fedeltà dei clienti. Il rischio da scongiurare è che i sapori autentici, quelli che raccontano storie e territori, vengano troppo spesso soffocati dal rumore delle friggitrici.