Negozi chiusi nelle feste, Confcommercio: «Serve accordo titolari-dipendenti»
Le perplessità dell’associazione di categoria sul concetto di festa e le difficoltà nel conciliare la proposta con il turismo
Sassari Sembra di quei dilemmi senza risposta, tipo se sia nato prima l’uovo o la gallina. Ma è meglio tenere i negozi chiusi durante le feste oppure lasciarli aperti? L’interrogativo è tornato in auge attraverso la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia che prevede la chiusura delle attività nelle sei principali festività nazionali. Vale a dire nei giorni di Capodanno, Pasqua, Primo maggio, Ferragosto, Natale e Santo Stefano. Tra gli addetti ai lavori c’è chi annuisce e chi invece scuote la testa, da Fipe Confcommercio Sardegna dribblano la proposta: «Se vogliamo avere delle mete ospitali tutto l’anno è impensabile tenere tutto chiuso. Bisogna essere artefici della serenità della propria azienda, venendosi incontro tra titolari e dipendenti».
La politica La proposta presentata alla Camera nei giorni scorsi, firmata Silvio Giovine, mira a unire lavoro e vita privata. «Rispettare lo stop dal lavoro, nelle sei festività che abbiamo individuato, significa garantire alle famiglie il diritto di riunirsi e stare insieme in giornate che siano di festa per tutti», spiegano da FdI. Non una questione di colore politico, «riteniamo che sia un provvedimento né di destra né di sinistra, ma semplicemente di buonsenso»: spiega il deputato firmatario.
Come funziona È diventato il tema del Natale 2024. Sindacati e imprese si sono già espressi, i primi sostenendo semmai maggiorazioni in busta paga per cui valga la pena, le seconde con scetticismo: «È una proposta anacronistica che non tiene conto delle dinamiche del retail e delle esigenze dei consumatori», così Confimprese nazionale, Confcommercio apre («Pronti al confronto») ma con riserva perché ribadisce il bisogno di piccole e medie attività di essere competitive con grandi catene e commercio online. E dalle feste si fa presto ad allargare il discorso al ritorno delle chiusure domenicali. Con il decreto “Salva Italia” del governo Monti a fine 2011 era stato dato il via al libero arbitrio delle singole attività. Una barra rossa ha cancellato tutte le restrizioni di orari e turni. Nell’isola vigeva la legge Soru (del 2006) che prevedeva orari dalle 7 alle 22 e un massimo di 13 ore giornaliere, e chiusure domenicali e festive.
Il commento Il presidente regionale di Fipe, la federazione dei pubblici esercizi, Emanuele Frogia, riflette: «Il vero tema è cosa si intende per festività, si potrebbe fare presto a includere altri momenti dell’anno e occasioni religiose come Sant’Efisio. Trovo difficile, oggi, applicare certi ragionamenti contando anche che ognuno festeggia le proprie feste». Sì, nel quasi 2025 le società sono multiculturali. In una prima bozza di proposta di legge, bar, ristoranti e gelaterie non dovrebbero rientrare tra le chiusure (con multe deterrenti fino a 12mila euro). Ma il passo potrebbe essere breve, una volta accolta l’iniziativa. «Oggi continuiamo a dire che le città dell’isola debbano avere una mentalità turistica e ospitale tutto l’anno. Ho la sensazione che i molti che da fuori chiedano più chiusure siano gli stessi che si lamentano quando camminano in un centro storico vuoto». E insiste: «Ogni impresa ha vita propria». Decidere con un interruttore che alzi o abbassi le serrande è improbabile: «Capisco chi parla del diritto al riposo, per carità – sostiene Frongia –, ma l’unica soluzione è avere una buona programmazione e parlarsi tra titolare e dipendenti».