Nella terra dei centenari anziani sempre più soli, senza medici di base e badanti
Nei centri più piccoli i problemi sono aggravati dalla distanza dagli ospedali e dalla mancanza di servizi di supporto alla terza età
Sassari C’è chi non ha più il medico di base nel suo comune e anche per una semplice ricetta deve farsi accompagnare in un centro vicino. C’è chi è talmente solo da finire per rinunciare alle cure e chi non ha più punti di riferimento chiari per le emergenze o anche per le esigenze più banali. I comuni provano a correre ai ripari, magari facendo fronte comune, perché in molti casi la macchina amministrativa non è abbastanza grande da potersi sobbarcare da sola l’onere di un servizio che dovrebbe calare dai piani più alti.
Sempre più soli Nella terra dei centenari scricchiolano le fondamenta dell’assistenza a una fascia di popolazione proporzionalmente sempre più grande: quella degli anziani, in particolare gli over 80. Molti di loro si trovano quotidianamente di fronte a una barriera quasi insormontabile, fatta di isolamento, carenza di servizi, scarsità o assenza completa di mezzi pubblici efficienti. Chi ha la fortuna di avere un “caregiver”, un figlio o un nipote in grado di occuparsi di burocrazia (telefonate, prenotazioni) o di risolvere le grane dal punto di vista logistico (un passaggio in auto all’ospedale o all’ambulatorio più vicino, il ritiro di un farmaco) riesce in qualche modo soddisfare le proprie esigenze.
A caccia di soluzioni Chi non si può permettere questo lusso, o trova una sponda nei servizi socio-assistenziali offerti dal proprio comune, oppure rischia di sprofondare in un baratro privo di protezioni. A volte può anche non essere una questione economica, come spiegano molte delle persone interpellate: semplicemente in alcune zone della Sardegna è impossibile anche trovare una badante disposta a trasferirsi in un piccolo centro per prendersi cura a tempo pieno di un anziano.
Dati allarmanti Uno studio pubblicato di recente da Age-It, il programma di ricerca sull’invecchiamento guidato dall’università di Firenze insieme ad altri 20 tra atenei e centri di ricerca, colloca la nostra isola tra le regioni caratterizzate dal maggiore tasso di “criticità potenziale” relativo all’assistenza sanitaria. L’indice, ottenuto incrociando parametri quali la popolazione anziana residente, la distanza in auto dall’ospedale più vicino, il rapporto tra popolazione over 80 ed età dei parenti più prossimi (quindi la possibilità di disporre di caregiver familiari), attraverso il rapporto percentuale tra la popolazione over 80 e i parenti di età compresa tra i 50 e i 64 anni. Sulla base di questi dati, all’interno della Sardegna ci sono 52 comuni che fanno registrare un indice di criticità potenziale alto.
SIndaci in trincea «Gli ospedali devono poter fare gli ospedali e occuparsi soprattutto delle urgenze. I servizi territoriali si devono occupare del resto. Altrimenti è un disastro, da una parte e dall’altra». A parlare è Daniela Falconi, sindaca di Fonni e presidente di Anci Sardegna. E dietro a quanto sostiene la rappresentante dei primi cittadini isolani c’è in realtà quello che in molti stanno già provando a fare: rimboccarsi le maniche e andare a caccia di soluzioni. Il più delle volte alleandosi per potersi presentare a bussare alle porte della Regione con le idee chiare e con soluzioni condivise e convincenti a livello socio-assistenziale. La cronica difficoltà a sostituire i medici di base che vanno in pensione, che riguarda quasi tutti i piccoli centri, è il primo ostacolo da superare.