Domande di invalidità, è caos totale. I medici: «Software da impazzire»
Marco Puddu (Fimmg): «Per una pratica ho iniziato alle 9 e ho finito a mezzanotte». Dal 1 gennaio la sperimentazione nazionale in 9 province tra le quali c’è Sassari
Sassari Dal primo gennaio è partita la nuova sperimentazione targata Inps sulle modalità di accertamento dell’invalidità civile e dell’handicap. A fare da cavia per un intero anno 9 province italiane: Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Trieste e tra le prescelte c’è anche Sassari. Le premesse, a sentire i protagonisti di questa piccola rivoluzione, cioè i medici di base, sono tutt’altro che entusiasmanti: «Per completare un certificato ho impiegato 20 ore, e ci sono riuscito solo per mia testardaggine e per l’aiuto di mio fratello, che è un ingegnere informatico. Giovedì era il mio giorno libero, ho iniziato alle 9 del mattino, e tra un tentativo e l’altro, ho finito a mezzanotte. Mi consola il fatto che non sono il solo ad aver avuto problemi con un software capace di farti impazzire. E lo dimostrano i numeri: mediamente in una settimana nella piattaforma venivano caricate circa 100 domande di invalidità. Indovinate nell’ultima settimana, da quando è scattata la sperimentazione, quante richieste sono state caricate? Una. Il rapporto è 100 a 1. Ci credo che la fila per gli accertamenti di invalidità così si smaltisce: bastava risolvere il problema a monte. Geniale: ora nessuno riesce a presentare la domanda».
Marco Puddu è medico di medicina generale a Ozieri e vicepresidente della Fimmg provinciale: «Nel nostro lavoro c’era già sin troppa burocrazia, ora la trasformazione è completa: le domande di invalidità sono sulle nostre spalle e siamo diventati degli impiegati a tempo pieno». Sino all’anno scorso infatti la parte amministrativa della procedura era gestita dai patronati, che inviavano la documentazione in un file unico. Adesso il testimone passa nelle mani dei medici di base: «Generalità, codice fiscale, tessera sanitaria, carta identità, indirizzo, residenza, patologia, privacy, assunzione di responsabilità, autorizzazione del paziente. La compilazione è lunga, ci sono tante caselle da spuntare, e l’errore è dietro l’angolo. E te ne accorgi quando il programma fa il riepilogo, e magari aggiunge ulteriori voci: ha un’altra invalidità? Così dopo un’ora che stai lì a smanettare ,il sistema non valida il documento, senza naturalmente dirti dove sta l’errore. Provi ad apportare modifiche, ma il software non prende le variazioni. Allora cancelli tutto, e ricominci da zero. Per un paziente mi è capitato di ripetere la procedura dieci volte, ricaricando sempre tutti i referti clinici. Alla fine pensi di essere vicino al traguardo. Manca solamente il download del certificato, in modo da firmarlo digitalmente e caricarlo finalmente sulla piattaforma. Ecco, mi è capitato più volte che il download si sia impallato. Stessa sorpresa allo step successivo, quando ho provato a scaricare l’attestato con l’autorizzazione del paziente. Rotellina che gira, tutto fermo. Ora è chiaro il motivo per cui la maggior parte dei colleghi si è rifiutata di sottoporsi a un simile supplizio tecnologico? O sei cocciuto come il sottoscritto, oppure è puro masochismo. Ma io mi chiedo: un tempo, per le sperimentazioni, non esistevano i beta tester? È normale che ci abbiano mandato così allo sbaraglio?».
Non basta: «Alla fine l’Inps farà la certificazione senza guardare il paziente. Ma se la pratica gli verrà bocciata e l’invalido farà ricorso, stavolta dovrà pagare di tasca propria se la causa non andrà a buon fine. Prima invece, quando la gestione delle domande era nelle mani dei patronati, il ricorso non era oneroso. In questo modo – conclude Marco Puddu – si penalizzano ancora una volta i più deboli. I disabili vengono considerati un peso per la società».