La Nuova Sardegna

L’intervista

Aree idonee, Francesco Spanedda: «Nessuno schiaffo dal Governo, noi abbiamo applicato la legge»

di Giuseppe Centore
Aree idonee, Francesco Spanedda: «Nessuno schiaffo dal Governo, noi abbiamo applicato la legge»

L’assessore regionale all’Urbanistica dopo l’impugnazione alla Consulta del provvedimento sugli impianti di energia rinnovabile

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Cagliari La Regione non cambia idea sull’impianto della legge sulle aree idonee, impugnata dal governo e guarda con fiducia all’appuntamento di fronte alla Corte Costituzionale. In questa intervista Francesco Spanedda, assessore all’Urbanistica non rinnega alcuna delle scelte fatte da giunta e consiglio, «anche perché abbiamo applicato il decreto Pichetto-Fratin dello scorso giugno, che indicava che fare e imponeva le scelte. La Regione non ha inventato nulla nella sua legge, né ha fatto il passo più lungo della gamba appropriandosi di competenze non sue».

Professore, se l’aspettava?

«Tutti i segnali c’erano. Lo stesso ministro aveva detto pochi giorni dopo il varo della nostra legge che se tutte le Regioni avessero fatto come la Sardegna non ci sarebbero state aree idonee disponibili per le rinnovabili in nessuna parte del paese. E poi è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che interveniva solo sulle concessioni e la discrezionalità data alle Regioni, come se ci fosse una volontà di stringere le maglie quando da Roma ci si è accorti che il governo dava troppa discrezionalità alle Regioni».

Forse Roma ha sbagliato, ma voi? Possibile che non abbiate commesso alcun errore, sia nel metodo che nella scelta delle priorità?

«Gli errori sono sempre possibili, però abbiamo lavorato per mesi e mesi senza interruzioni, producendo una montagna di dati, effettuando centinaia di simulazioni e soprattutto trasferendo in una legge ciò che era sentimento comune, cioè non consentire un assalto sguaiato al territorio. Se avessimo ascoltato non per due tornate ma per dieci volte i sindaci e gli amministratori locali, sarebbe venuto fuori sempre lo stesso refrain: il territorio sardo va governato con il consenso del popolo sardo, senza imposizioni».

Però la delibera è uno schiaffo pesante al legislatore sardo e mette in discussione diversi caposaldi della legge.

«Non sono d’accordo né sullo schiaffo né sulla sua pesantezza. Mi sembra che giochi invece in difesa cercando di insinuare il sospetto che la produzione di energia da fonti rinnovabili sia solo una questione che riguardi, appunto, la produzione di energia. E invece, ormai comune opinione, peraltro ribadita dalla Corte Costituzionale, la produzione di energia, anche nel rispetto di norme e vincoli nazionali ed europei è anche governo del territorio e progetto di paesaggio che deve vivere con altre attività, in questo caso di produzione di energia altrettanto legittime. Né di più, né di meno».

Il governo vi accusa anche di attentare alla libera iniziativa, citando l’articolo 41 della Carta.

«E allora lo leggiamo, l’articolo 41, ma per intero: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. La nostra legge non vuole impedire la libertà d’impresa, ma governarla».

Tre i principali punti di attacco alla legge. Aree non idonee, revamping e off-shore. Come replicate?

«Per noi la regola è il decreto Pichetto-Fratin. Le aree inidonee come da decreto, hanno, letteralmente, “caratteristiche incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti”. Per questo le abbiamo individuate in maniera puntuale. Nella nostra legge, applicando il decreto le abbiamo distinte dalle ordinarie (percorso autorizzativo normale) e dalle idonee (percorso accelerato). Dov’è che abbiamo sbagliato?»

I punti sull’off-shore e il revamping sono stati però pesantemente criticati.

«Sapevamo che sull’eolico al largo la partita sarebbe stata complessa. Vediamo cosa ci dirà il governo, ma che la pianificazione dei territori si fermi alla linea di costa mi sembra una idea ottocentesca e passatista. Quello che si vede dalla linea di costa fa parte del paesaggio e rivendichiamo diritto di copianificarlo».

E adesso che succede?

«Non c’è alcun vuoto normativo. Eseguiremo le mappature sui territori entro 120 giorni dalla legge, che è in vigore in tutti i suoi punti. Aspettiamo i singoli elementi del ricorso nella comunicazione che l’Avvocatura dello Stato farà alla Corte e poi risponderemo. Ho l’impressione che la delibera del Consiglio dei Ministri non verrà trasferita tal quale nel ricorso»

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