La Nuova Sardegna

La scoperta

In un dente misterioso il destino del mammuth sardo

di Federico Spano

	Il paleontologo Daniel Zoboli
Il paleontologo Daniel Zoboli

Era in una teca del museo con altri reperti donati 40 anni fa. Scovato da un archeozoologo: è giallo sulla provenienza

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Sassari Era esposto tra altri reperti antichi in una teca del museo Archeologico di Ozieri, privo di indicazioni su cosa fosse e da dove provenisse. Ma all'archeozoologo dell'Università di Sassari Marco Zedda, che tempo fa ha visitato il museo, è bastato un istante per capire che quello che aveva davanti non fosse un fossile qualsiasi, ma il dente di un mammuth. Lo studioso ha così deciso di avviare un’indagine scientifica, coinvolgendo i colleghi Maria Rita Palombo, docente in pensione della Sapienza di Roma, e Daniel Zoboli, paleontologo dell’Università di Cagliari.

Dopo un’analisi approfondita, è emerso che si trattava effettivamente di un dente di mammuth. Una scoperta che però si tinge di giallo: non si sa infatti se si tratti dello stesso dente ritrovato a fine Ottocento dal paleontologo Domenico Lovisato nella zona di Chiaramonti, un reperto del quale si sono perse le tracce più di un secolo fa. Se fosse lo stesso dente, il giallo si risolverebbe, ma se fosse un altro esemplare, comporterebbe il ritrovamento in Sardegna di più resti di mammuth di quelli finora ufficialmente documentati.
 

Mammuthus lamarmorai è l’unica specie di mammuth nota in Sardegna, ma la scarsità dei resti e le spesso carenti informazioni sul contesto geologico di provenienza di alcuni di questi, rendono difficoltoso ricostruirne la sua storia evolutiva. Il dente di mammuth conservato a Ozieri sembra presentare caratteristiche morfologiche e dimensioni che lo avvicinerebbero a quelle che vediamo nei denti di Mammuthus trogontherii, specie continentale del Pleistocene, piuttosto che all’elefante nano locale. Questa scoperta mette in discussione l’unicità di Mammuthus lamarmorai nell’isola e apre a nuove ipotesi su possibili differenti migrazioni e dunque sulla potenziale presenza di più specie di proboscidati.

«Il mammuth sardo è una specie misteriosa – spiega Daniel Zoboli –, i resti fossili ritrovati sono molto scarsi, rappresentati principalmente da molari isolati, da un frammento di zanna e da alcuni frammenti ossei. Il resto fossile più completo è uno scheletro ritrovato a fine Ottocento nella zona di Gonnesa. Ogni tassello in più a livello di ritrovamenti fossili riguardo questa specie è dunque importantissimo. Del molare conservato al Museo Archeologico di Ozieri purtroppo mancano i dati del contesto geologico di ritrovamento, importantissimi perché permetterebbero di avere informazioni riguardanti l'ambiente deposizionale e la possibile età. Questo reperto però è stato donato da un amatore negli Anni 80, che purtroppo oggi non c'è più».

Il lavoro dei tre ricercatori non è stato solo strettamente paleontologico, con la descrizione del reperto, che ha permesso loro di inquadrarlo tra i mammuth, ma è stato anche un lavoro di ricerca su fonti letterarie.

L’arrivo di grandi animali come il mammuth in Sardegna rimane una questione dibattuta. Diversi studiosi ipotizzano che essi possano aver raggiunto la Sardegna e la Corsica attraverso l'area toscana durante i periodi più freddi dell'era glaciale, approfittando del drastico abbassamento del livello del mare che portò all'emersione di lingue di terra e isolotti oggi sommersi. Il futuro della ricerca paleontologica potrebbe fornire nuovi elementi per comprendere meglio la preistoria dell’isola e il destino delle sue straordinarie creature estinte.

I dati paleontologici sembrerebbero suggerire che il mammuth nano sardo possa non aver superato l’ultima fase interglaciale, scomparendo dunque ben prima della comparsa nell'isola dell’uomo moderno, la cui presenza pare essere testimoniata già durante l'ultimo glaciale, attorno a 20 mila anni fa. Non ci sarebbe quindi stato un periodo di convivenza tra esseri umani e mammuth nano. Tuttavia, l’interazione tra i primi colonizzatori umani dell'isola e la fauna endemica locale è ben documentata ad esempio dai numerosi resti del lagomorfo endemico Prolagus sardus, ritrovati in livelli archeologici di molti siti e che indicano un largo consumo di questa specie oggi estinta. L'uomo ha sicuramente incontrato il cervo megacero (un cervo alto un metro alla spalla, ma con enormi palchi), ancora presente durante il Mesolitico e il Cynotherium, un canide preistorico grande poco più di una grossa volpe.

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