La Pelosa a Stintino, Platamona, Marritza, San Teodoro: ecco le mappa delle spiagge a rischio erosione
Tra overtourism e clima pazzo la costa arretra quasi ovunque, cosa si può fare per rallentare il fenomeno: parla l’esperto
Sassari I cambiamenti climatici e l’antropizzazione sono due fenomeni sempre più al centro di discussioni e dibattiti, ma ciò che non è discutibile sono i loro effetti concreti sulle spiagge della Sardegna. La situazione è sempre più critica in diverse zone della Sardegna a causa dell’intensificazione dei venti e dell’aumento dei turisti. A spiegare cause e conseguenze di questi fenomeni è Vincenzo Pascucci, docente di Sedimentologia e Geologia marina all’università di Sassari: «I cambiamenti climatici hanno provocato un leggero aumento delle temperature globali, innescando fenomeni meteorologici sempre più estremi nel Mediterraneo».
Pascucci precisa poi la questione dei venti, fondamentale per capire la situazione attuale: «La Sardegna è stata storicamente dominata dai venti di maestrale, ma oggi, pur restando il maestrale il vento più frequente, sono libeccio e grecale (secondo e terzo quadrante rispettivamente) ad avere maggiore intensità, causando importanti cambiamenti nella morfologia delle coste». Un esempio emblematico è quello della spiaggia della Pelosa, a Stintino, sensibilissima anche a minime variazioni: «Qui il grecale più intenso modifica la dinamica dei sedimenti, impoverendo progressivamente la spiaggia». A questo si aggiunga il fatto che decine di migliaia di persone la frequentano d’estate e il quadro è presto fatto. Per avere una reale percezione dello stato di salute di una spiaggia, spiega Pascucci, «bisogna valutare la situazione durante la stagione estiva. D’inverno, infatti, le mareggiate sono più frequenti e portano via la sabbia, che però generalmente ritorna con le condizioni più calme dei mesi estivi».
Alcune spiagge, però, sono fortemente a rischio proprio a causa dell’antropizzazione che impedisce il naturale arretramento delle coste. È il caso di Platamona, Marritza (dove il costone su cui poggiano le case rischia di franare), di Alghero (in particolare San Giovanni, Maria Pia e Pineta Mugoni), di alcune spiagge di Santa Teresa Gallura, delle spiagge della Costa Smeralda e di San Teodoro, soprattutto nella zona della Cinta. Ma anche la spiaggia del Poetto non è esente dall’erosione, nonostante il contestato ripascimento del 2002 che l’ha fatta diventare «una spiaggia artificiale».
Il professore sottolinea l’importanza delle foglie di posidonia, erroneamente considerate alghe e spesso rimosse grossolanamente durante la pulizia delle spiagge: «Quelle foglie non sono alghe, ma parti di una pianta marina fondamentale per l’ecosistema costiero, che andrebbero opportunamente trattate per recuperare la sabbia associata per poi riportarla in spiaggia». Diversa è invece la situazione di Bosa, dove l’arenile è in fase di accrescimento, grazie alla presenza del fiume Temo che apporta continuamente sedimenti e di una diga foranea che impedisce la dispersione del materiale sabbioso lungo la costa. L’accrescimento eccessivo crea problemi ai bagnanti, perché gli stabilimenti balneari finiscono per essere sempre più distanti dalla battigia. Il docente toscano sottolinea che spiagge come Porto Ferro rimangono in equilibrio perché meno antropizzate e con un retroterra integro che permette loro di adattarsi alle dinamiche naturali. Pascucci evidenzia inoltre il grave problema delle microplastiche, risultato di decenni di utilizzo incontrollato della plastica: «I frammenti sono ovunque, anche nei sedimenti marini, e costituiscono un problema che richiede un cambiamento nei nostri comportamenti». Il professore invita tutti a un approccio più consapevole: «Dobbiamo amare le nostre spiagge, perché sono un patrimonio ambientale unico».