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Sanità

Non ci sono farmacisti: «Servizio essenziale nei paesi. Se chiude, chi darà le medicine?»

Non ci sono farmacisti: «Servizio essenziale nei paesi. Se chiude, chi darà le medicine?»

Marco Mignano: «A farne le spese saranno il territorio e i malati cronici»

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Sassari L’esercito delle farmacie rischia di perdere sempre più pedine. «È una professione con meno appeal, per una serie concomitanti di fattori – spiega Marco Mignano, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Sassari – Non è solo una questione di retribuzione, si tratta di un aspetto che incide parecchio, ma c’è dell’altro: diciamo che gli stipendi non sono congrui rispetto all’impegno di lavoro che questa professione richiede. E soprattutto non riconoscono la costante formazione e l’aggiornamento imprescindibile per un farmacista che vuol svolgere il proprio servizio in maniera responsabile. Come Ordine non vogliamo entrare nel merito delle trattative sindacali in corso e sulla stipula dei contratti, ma il nostro auspicio è che questi fattori vengano tenuti in debita considerazione, perché al momento gli stipendi non rispecchiano l’enorme complessità e importanza di questo mestiere».

Perché non si trovano giovani farmacisti disposti a essere assunti? «Perché gli orari sono complicati, e meno personale hai a disposizione e più diventano insostenibili. Un farmacista non conosce Natale, Pasqua e le altre feste. In quelle occasioni non esiste il riposo, devi comunque erogare il servizio. E se non arrivi a percepire nemmeno 1500 euro netti al mese, allora ci pensi due volte. Magari decidi di cambiare orizzonti e di rivolgerti alle parafarmacie che consentono dei turni lavoratori decisamente più flessibili. Oppure ripieghi sull’insegnamento. Anche le Facoltà di Farmacia si stanno svuotando? «Il paradosso è che le iscrizioni nella Facoltà di Farmacia a Sassari sono inaspettatamente lievitate. Siamo intorno ai 110 studenti, numeri che non si vedevano da tanti anni. Ma quanti di questi universitari poi confluiranno all’interno delle farmacie? E quanti invece andranno a insegnare Chimica o a fare sostegno all’interno della scuola?».

Quale potrebbe essere la conseguenza di questo esodo professionale? «Personalmente sono molto preoccupato per ciò che potrebbe accadere nelle aree più disagiate. Mi riferisco ai piccoli centri abitati dell’entroterra da 500 residenti, spesso sprovvisti dell’ambulatorio di un medico di base. In queste realtà le farmacie sono un presidio vitale. Gli anziani e i malati cronici usufruiscono della distribuzione dei medicinali dei loro piani terapeutici senza essere costretti a percorrere chilometri. È una nostra prerogativa essenziale per le piccole comunità. Così come gli elettrocardiogramma, la somministrazione dei tamponi, e tante altri servizi che ogni giorno siamo chiamati a erogare. Quando parlavo di competenze non sufficientemente riconosciute sul profilo contrattuale, mi riferivo proprio a questi aspetti. Se il titolare di una farmacia di una zona rurale non riesce a trovare personale, come è successo a me quest’estate, diventa un problema per tutti. E a farne le spese saranno come al solito le persone più deboli, con seri problemi di salute, che per curarsi dovranno e ricevere i medicinali dovranno affrontare ulteriori disagi». (lu.so.)

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