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Sergio Babudieri, Aou: «Long Covid? Diagnosi difficili, il virus attiva sindromi latenti»

Sergio Babudieri, Aou: «Long Covid? Diagnosi difficili, il virus attiva sindromi latenti»

Tra le ipotesi: «Complicanze legate a decine di micro infarti»

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Sassari I medici si muovono su un terreno minato e in punta di piedi. Il Long Covid è un mix incerto di sintomi, che cambiano a seconda del paziente. Ognuno ha un quadro clinico differente, con una serie di elementi che ricorrono. Insomma la casistica per ora è circoscritta, variegata e non aiuta a fare una sintesi.

«Per ora si sono rivolti alla nostra struttura neanche una decina di persone – spiega Sergio Babudieri – direttore della Unità Complessa di Malattie infettive dell’Aou di Sassari – e la maggior parte ha risolto le problematiche nell’arco di qualche mese. Il consiglio che io do sempre ai pazienti è quello di chiedere un consulto allo Spallanzani di Roma, dove esiste uno centro specializzato nella cura del Long Covid, e dove l’equipe multidisciplinare che lo gestisce ha già analizzato un numero sufficiente di casi. Bisogna concentrare i pazienti dove esiste una casistica». Spiegare scientificamente il cortocircuito che si scatena nell’organismo è molto difficile. Non essendoci degli studi consolidati e una letteratura medica, per ora si cammina sul sentiero delle ipotesi.

«L’idea che io mi sono fatto è questa – spiega Babudieri – l’attacco di un virus può attivare malattie latenti e fino a quel momento asintomatiche. Ad esempio potrebbe innescare delle sindromi autoimmuni già preesistenti, la cui diagnosi non è sempre così immediata».
Secondo scenario: «Il Covid, soprattutto nella prima fase, era così aggressivo da generare dei micro infarti non solo a livello polmonare, ma interessando vari organi. Siamo stati noi italiani i primi a scoprire questo fenomeno, perché siamo stati gli unici ad eseguire delle autopsie sui cadaveri. E ciò che gli esami hanno evidenziato sono un’insieme di coaguli e di tessuti danneggiati. Questa sorta di cicatrici potrebbero avere delle ripercussioni sull’organismo e innescare delle sintomatologie. Per rigenerare i tessuti compromessi da un infarto non esistono delle particolari terapie, ma occorre solo del tempo, così come avviene per cicatrizzare una ferita. E infatti, dopo diversi mesi, i problemi legati al long covid rientrano da soli».
C’è anche un precedente storico. «Quando si parla di Covid, si fa spesso riferimento all’altra grande pandemia, ovvero all’influenza russa del 1889 che aveva fatto un milione di vittime tra l’Europa e gli Stati Uniti. Il virus, in una ondata successiva, nei primi anni del Novecento colpì l’Inghilterra e arrivò a Londra. Era il periodo della grande crescita industriale e demografica, e l’impatto della pandemia fu un tema che fece incursione anche all’interno della letteratura dell’epoca. Ci furono diversi scrittori che descrissero nelle loro opere quel periodo difficile, e anche quel che successe negli anni successivi. E molti parlarono di persone, sopravvissute all’influenza russa, che si portarono dietro gli strascichi di quel virus. E i sintomi riportati sono quelli della spossatezza fisica e della totale assenza di energia. A pensarci, descritti in maniera molto generica, sono quei problemi lamentati dai pazienti long covid». (lu.so.)

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