La Nuova Sardegna

Le indagini

«Tutti ci siamo, ajò!». Nella rapina al portavalori commando sardo con basisti toscani

«Tutti ci siamo, ajò!». Nella rapina al portavalori commando sardo con basisti toscani

Squadra di paramilitari per il colpo da tre milioni di euro

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Sassari «Andiamo, andiamo!», e poi ancora: «Tutti ci siamo? Ajò!» Due comandi secchi. Una lingua che non lascia dubbi. Sardo. Nuorese, probabilmente. Le frasi risuonano in uno dei video amatoriali girati quel venerdì mattina, 28 marzo. Gente in coda, telefono in mano. Il fumo denso. Il frastuono. Le armi da guerra. E quelle parole. Non un colpo improvvisato. Un’operazione paramilitare. Professionisti, armati e addestrati. «Hanno usato armi da guerra – ha spiegato il responsabile della Battistolli, l’azienda che trasportava il denaro – facendo esplodere i nostri furgoni blindati, che hanno dispositivi di ultima generazione. Con le seghe circolari, per riuscire ad arrivare ai soldi, ci vuole almeno mezz’ora: le forze dell’ordine avrebbero quindi tutto il tempo di intervenire e i congegni di protezione, come lo “spumablock”, entrano in azione. Ma in questo caso, con le detonazioni, tutto viene disinnescato».

E poi le modalità d’azione, nemmeno una sbavatura: un tratto della Variante in direzione sud ridotta a una sola corsia per lavori. Un imbuto. Perfetto per far scattare la trappola. Due furgoni rubati messi di traverso. Tre auto “pulite” a fare da staffetta. Cinque minuti. Forse dieci. Un’esplosione. E poi via. Da subito, gli inquirenti si muovono lungo una pista chiara, precisa, isolana. Monitorano i flussi tra Sardegna e continente. Ipotesi: il commando viene da fuori. Ma non ha agito da solo. Qualcuno conosceva bene la zona. Un basista. O qualcosa di più. Perché solo chi conosce a memoria i restringimenti della carreggiata, i punti ciechi delle telecamere, e le vie di fuga tra le colline sa che quel tratto della Variante era il posto perfetto per un colpo simile. I banditi si dileguano verso zone poco battute, dove le province di Livorno, Pisa e Grosseto si toccano in una terra di nessuno. Strade secondarie. Campi. Nessuna telecamera. Nessuna pattuglia. Le auto “sporche” vengono abbandonate. Il bottino sparisce. Tre milioni in contanti. Forse già nascosti. Forse ancora lì, in un capannone abbandonato, tra gli uliveti. A pochi chilometri dalla scena del crimine. A raccontarlo è anche lo scrittore Roberto Saviano, che suggerisce un altro scenario: «i soldi verranno fermati per qualche giorno, poi trafugati verso la Sardegna con tecniche consolidate. Infine riciclati nel traffico di droga. In Sardegna ci sono referenti della ’ndrangheta e della camorra per il mercato interno. In alcuni casi utilizzano l’isola come hub, una sorta di grande magazzino, per tenere soprattutto coca e poi farla arrivare sulle coste francesi e catalane. Ma i criminali sardi sono sempre sottoposti al potere delle organizzazioni criminali del continente». E poi la frase che ha scatenato la shit storm degli haters: «I sardi producono criminali, ma non producono mafia». (lu.so.)

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