La classifica del benessere: la Sardegna resta in coda
La fotografia Istat: disoccupazione giovanile alle stelle e ancora pochi laureati
SASSARI. Meno ricchi di 10 anni fa, ma più istruiti e più attenti all’ambiente. Urne sempre più vuote, ma con un numero di donne in politica raddoppiato rispetto al 2004. L’Istat fotografa la Sardegna di oggi e la mette a confronto con quella dei primi anni del Duemila. Il decennio della grande crisi che ha impoverito il mondo e da cui la Sardegna prova con grande difficoltà a venire fuori.
Dieci anni di depressione che hanno modificato il benessere dei sardi. Diventato malessere in tutta l’isola, nelle zone interne come lungo le coste, nelle città e nei piccoli centri. Nel 2004 il tasso di disoccupazione giovanile era al 39,2 per cento. Oggi tocca quota 57,7, sedici punti in più della media nazionale. Col record negativo del Medio Campidano, dove l’81,7 dei giovani tra i 15 e i 29 anni non ha un lavoro. Seconda provincia con i dati peggiori d’Italia è il Sulcis Iglesiente, pari al 75,2.
Ma è in generale il tema lavoro che in quest’ultimo decennio ha collezionato solo segni meno, con un forte impoverimento della popolazione. Nel 2007 il reddito per famiglia era pari a 35.197 euro all’anno, nel 2012 - ultimo dato disponibile - è calato a 33.364. Quasi 15mila euro in meno delle famiglie del Trentino Alto Adige. Tra le province la più ricca è Cagliari con un reddito medio di quasi 37mila euro, seguita da Olbia a quota 34, Sassari e Nuoro appaiate intorno ai 32mila euro. Ultima è l’Ogliastra, che con una media di 26mila euro è la seconda provincia più povera d’Italia dopo Enna.
Stipendi e pensioni. I piccoli aumenti di stipendi e pensioni non aiutano l’isola ad abbandonare le zone basse della classifica. Nel 2009 un lavoratore dipendente prendeva all’anno una media di 15.697 euro, nel 2016 sono diventati 16.321. Numeri lontanissimi dalla media nazionale, che già nel 2009 era più alta di quella attuale della Sardegna: 19.960 euro allora, 21.714 oggi. Con la Lombardia che supera abbondantemente la media dei 26mila euro. Tra le province sarde gli stipendi più alti a Cagliari, 17mila euro abbondanti, seguita da Oristano e Sassari. Fanalino di coda Nuoro, con 13.819 euro di media. Meno della metà di quella che è una paga media per un dipendente a Milano, dove raggiunge i 29.600 euro. Lo stesso discorso ovviamente vale per le pensioni. Anche in questo caso negli ultimi anni si è assistito a un leggero aumento: da 17.543 euro a 18.707 per gli uomini, da 12.979 a 14.178 per le donne. Ma facendo un confronto con il resto del Paese, in particolare il Nord, si evince che la Sardegna si trova nuovamente nei piani bassi. La media nazionale, infatti, è di 20.875 per gli uomini e 14.833 per le donne.
Istruzione. Passi avanti anche nel campo dell’istruzione, ma troppo poco per parlare di boom. La Sardegna è ancora in coda per numero di laureati e diplomati, mentre sono in netto aumento i neet, ovvero i giovani che non lavorano né studiano. Nel 2004 erano il 24 per cento, oggi hanno superato quota 30,5, oltre sei punti di percentuale in più della media nazionale. E anche in questo caso triste primato per il Medio Campidano, dove 46 giovani su 100 non hanno un impiego ma nemmeno sono impegnati sui libri. Aumenta invece il numero dei diplomati, ma la media rimane sotto il 50 per cento: appena il 49,7 per cento, record negativo che l’isola detiene con la Sicilia. In crescita i laureati, dall’11,2 del 2004 al 18,7 del 2016, ma la media italiana sfiora il 25 per cento.
Note positive. La fotografia della Sardegna non è tutta a tinte fosche. C’è anche qualche nota positiva. Aumentano le donne in politica, il ricambio generazionale nelle istituzioni è più accentuato che nel resto d’Italia, ma soprattutto c’è un boom della raccolta differenziata. Nel 2004 riguardava appena il 5,3 del totale dei rifiuti, nel 2016 ha toccato la soglia del 60. Cinque punti in più della