Femminicidio di Alghero, Farci voleva depistare le indagini
di Nadia Cossu
Un teste: provò a spedire un cellulare con la sim della fidanzata Serena in Venezuela per far credere che fosse lì
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SASSARI. Un telefonino con una scheda Sim intestata a Speranza Ponti doveva assolutamente arrivare in Venezuela. Qui qualcuno avrebbe dovuto accenderlo e poi farlo sparire. Per l’accusa era uno stratagemma ideato da Massimiliano Farci per distogliere da sè l’attenzione degli investigatori indirizzandoli verso un’altra pista: Speranza si era allontanata volontariamente, se n’era andata per costruirsi una nuova vita lontano da tutti. E trovare conferma nella geolocalizzazione della scheda Sim era un ottimo sistema.
Ma quel telefonino in Venezuela non arrivò mai e la persona a cui Farci aveva chiesto il favore, un suo dipendente della pizzeria che proveniva proprio da quel Paese e che avrebbe di lì a poco dovuto spedire un pacco a una zia, raccontò tutto ai carabinieri quando capì che qualcosa di molto grave stava accadendo. Questo dettaglio – che certamente aggrava la posizione dell’imputato – è venuto fuori ieri mattina dalla deposizione di un teste nel processo che si sta celebrando davanti alla corte d’assise di Sassari presieduta da Massimo Zaniboni (a latere Valentina Nuvoli) per l’omicidio di Speranza Ponti, la 49enne di Uri trovata senza vita il 30 gennaio 2020 a Monte Carru, nelle campagne di Alghero. Accusato del delitto – e anche della soppressione del cadavere – è Massimiliano Farci, 54enne compagno della vittima, rinchiuso nel carcere di Bancali dal 31 gennaio del 2020, cioè dal giorno in cui indicò ai carabinieri il punto in cui – quasi due mesi prima – avrebbe nascosto il corpo senza vita della fidanzata, coprendolo con dei tubi di alluminio. «Non l’ho uccisa – disse subito ai carabinieri – l’ho trovata impiccata e ho portato il suo corpo in un posto che amava». Tesi alla quale gli inquirenti non hanno mai creduto.
Nell’esame di alcuni testimoni citati dal pubblico ministero Angelo Beccu è emerso ieri un ritratto della vittima, in particolare quello delineato con estrema delicatezza da Adriana Murgia, la migliore – «e unica, almeno ad Alghero» ha tenuto a precisare lei – amica di Speranza. Ritratto che ha toccato inevitabilmente anche il tipo di rapporto che la 49enne aveva, soprattutto negli ultimi tempi, con il compagno: «Era preoccupata per la questione finanziaria. Mi disse che aveva prestato dei soldi a Massimiliano e che gli aveva dato un ultimatum. “Se non me li restituisce lo lascio” aggiunse. Mi raccontò che quando litigavano lui alzava la voce, diceva parolacce: “Con i clienti della pizzeria è gentile ma non sai come diventa quando si arrabbia” mi spiegò».
La stessa udienza è servita a comprendere maggiormente anche la personalità di Massimiliano Farci.
Vincenzo Sechi, un amico «fraterno» (come lui stesso si è definito) dell’imputato e in ottimi rapporti anche con la vittima, ha raccontato delle confidenze fattegli da Farci sulla relazione con Speranza, arrivata ormai al capolinea. «Mi disse che il rapporto tra loro si era raffreddato, che lei era staccata, che messaggiava con l’ex marito anche durante la notte. E mi raccontò anche che lei lo aveva minacciato dicendogli che si sarebbe fatta del male da sola procurandosi delle lesioni per poi incolpare lui. Aggiunse che lei era andata via lasciando le proprie cose negli armadi». Ma ci fu un momento in cui Sechi non credette più a nulla. E fu quando seppe che Speranza non si era mai allontanata dalla Sardegna, che non risultava dal controllo fatto su aerei e traghetti. «Il puzzle che mi ero costruito cominciò a crollare pezzo per pezzo. Andai da Massimiliano, ero molto adirato, e gli dissi: “Qui c’è un grosso problema. Se Speranza non salta fuori tu sei FI-NI-TO!” Ricordo che scandii bene questa parola. Sapevo dei suoi trascorsi giudiziari, era in regime di semilibertà. Lui era spiazzato, sgranò gli occhi, avevano un riflesso vitreo che non mi era piaciuto. Da quel momento smisi di credergli e iniziai a pesare ogni sua parola».
A maggior ragione quando il cameriere della pizzeria raccontò a Vincenzo Sechi il particolare del telefono di Speranza che doveva arrivare in Venezuela. Proposito che non andò a buon fine perché il ragazzo inventò una scusa e non si prestò a quella richiesta agghiacciante.
Ma quel telefonino in Venezuela non arrivò mai e la persona a cui Farci aveva chiesto il favore, un suo dipendente della pizzeria che proveniva proprio da quel Paese e che avrebbe di lì a poco dovuto spedire un pacco a una zia, raccontò tutto ai carabinieri quando capì che qualcosa di molto grave stava accadendo. Questo dettaglio – che certamente aggrava la posizione dell’imputato – è venuto fuori ieri mattina dalla deposizione di un teste nel processo che si sta celebrando davanti alla corte d’assise di Sassari presieduta da Massimo Zaniboni (a latere Valentina Nuvoli) per l’omicidio di Speranza Ponti, la 49enne di Uri trovata senza vita il 30 gennaio 2020 a Monte Carru, nelle campagne di Alghero. Accusato del delitto – e anche della soppressione del cadavere – è Massimiliano Farci, 54enne compagno della vittima, rinchiuso nel carcere di Bancali dal 31 gennaio del 2020, cioè dal giorno in cui indicò ai carabinieri il punto in cui – quasi due mesi prima – avrebbe nascosto il corpo senza vita della fidanzata, coprendolo con dei tubi di alluminio. «Non l’ho uccisa – disse subito ai carabinieri – l’ho trovata impiccata e ho portato il suo corpo in un posto che amava». Tesi alla quale gli inquirenti non hanno mai creduto.
Nell’esame di alcuni testimoni citati dal pubblico ministero Angelo Beccu è emerso ieri un ritratto della vittima, in particolare quello delineato con estrema delicatezza da Adriana Murgia, la migliore – «e unica, almeno ad Alghero» ha tenuto a precisare lei – amica di Speranza. Ritratto che ha toccato inevitabilmente anche il tipo di rapporto che la 49enne aveva, soprattutto negli ultimi tempi, con il compagno: «Era preoccupata per la questione finanziaria. Mi disse che aveva prestato dei soldi a Massimiliano e che gli aveva dato un ultimatum. “Se non me li restituisce lo lascio” aggiunse. Mi raccontò che quando litigavano lui alzava la voce, diceva parolacce: “Con i clienti della pizzeria è gentile ma non sai come diventa quando si arrabbia” mi spiegò».
La stessa udienza è servita a comprendere maggiormente anche la personalità di Massimiliano Farci.
Vincenzo Sechi, un amico «fraterno» (come lui stesso si è definito) dell’imputato e in ottimi rapporti anche con la vittima, ha raccontato delle confidenze fattegli da Farci sulla relazione con Speranza, arrivata ormai al capolinea. «Mi disse che il rapporto tra loro si era raffreddato, che lei era staccata, che messaggiava con l’ex marito anche durante la notte. E mi raccontò anche che lei lo aveva minacciato dicendogli che si sarebbe fatta del male da sola procurandosi delle lesioni per poi incolpare lui. Aggiunse che lei era andata via lasciando le proprie cose negli armadi». Ma ci fu un momento in cui Sechi non credette più a nulla. E fu quando seppe che Speranza non si era mai allontanata dalla Sardegna, che non risultava dal controllo fatto su aerei e traghetti. «Il puzzle che mi ero costruito cominciò a crollare pezzo per pezzo. Andai da Massimiliano, ero molto adirato, e gli dissi: “Qui c’è un grosso problema. Se Speranza non salta fuori tu sei FI-NI-TO!” Ricordo che scandii bene questa parola. Sapevo dei suoi trascorsi giudiziari, era in regime di semilibertà. Lui era spiazzato, sgranò gli occhi, avevano un riflesso vitreo che non mi era piaciuto. Da quel momento smisi di credergli e iniziai a pesare ogni sua parola».
A maggior ragione quando il cameriere della pizzeria raccontò a Vincenzo Sechi il particolare del telefono di Speranza che doveva arrivare in Venezuela. Proposito che non andò a buon fine perché il ragazzo inventò una scusa e non si prestò a quella richiesta agghiacciante.