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Morto nel naufragio all’Asinara, sì del gip alla proroga delle indagini

di Nadia Cossu

	Davide Calvia 
Davide Calvia 

La Procura di Sassari ha chiesto nuovi termini per far luce sul decesso di Davide Calvia. Il cugino Giovannino Pinna è indagato per omicidio colposo e naufragio colposo

19 luglio 2024
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Sassari “Indagini complesse”: è la conditio introdotta dalla riforma Cartabia perché al pubblico ministero che ne faccia richiesta possa essere concessa la proroga delle indagini preliminari. Il gip valuta dunque la “complessità” del caso e successivamente decide se autorizzare o meno il prolungamento dei termini.

Una premessa doverosa. Il giudice di Sassari deve aver ritenuto, evidentemente, che le indagini sulla morte del 37enne sassarese Davide Calvia abbiano necessità di approfondimenti e per questo alcune settimane fa ha autorizzato il magistrato titolare dell’inchiesta ad andare avanti nella sua attività investigativa.

Sono le ultime novità “giudiziarie” su un giallo irrisolto, una tragedia con ancora tanti punti interrogativi senza risposta e che continua a far vivere nell’angoscia i familiari della vittima. Davide non tornò più a casa da una battuta di pesca che avrebbe dovuto fare nelle acque dell’Asinara insieme al cugino Giovannino Pinna, di 35 anni. La loro barca – presumibilmente rubata al porto di Porto Torres – sarebbe affondata. Pinna si salvò, Calvia no. Il suo corpo fu ritrovato dopo dieci giorni di ricerche.

E proprio il cugino del 37enne deceduto è indagato per naufragio colposo, omicidio colposo e furto di imbarcazione. Quel 12 aprile aveva chiamato dal suo cellulare (poi andato disperso in mare) la zia (mamma della vittima) per avvisarla che erano a pesca insieme e che a Davide si era scaricata la batteria del cellulare. Una delle tante circostanze che non hanno mai convinto i familiari di Calvia. In particolare la sorella Nadia si è sempre chiesta come mai quella telefonata non l’avesse fatta suo fratello. E più volte si è detta sicura del fatto che qualcosa di brutto fosse accaduto nelle ore precedenti quella chiamata e un’altra, fatta sempre da Pinna, alla Capitaneria di porto per lanciare l’sos: «Stiamo imbarcando acqua, ci buttiamo in mare».

Giovannino era stato ritrovato il 13 aprile – quindi il giorno successivo al naufragio – poco dopo le 20 sulla battigia di Porchile, al nono pettine. Semi assiderato, ma vivo, era stato trasportato al Santissima Annunziata di Sassari dove era rimasto ricoverato per un po’ di tempo. Dopo dieci giorni, tra ricerche mai interrotte, falsi allarmi e speranze, un sub nel litorale di Lu Bagnu aveva visto un corpo galleggiare. Era quello di Davide Calvia.

Da quel momento sono cominciati i tentativi – sia della magistratura che della stessa famiglia della vittima – di ricostruire ogni frammento di quella giornata. E, al di là delle indagini delle forze dell’ordine, l’unico a poter dare risposte esaustive era ovviamente il sopravvissuto: Pinna. Tre giorni dopo il naufragio, dal letto dell’ospedale, scriveva in una chat con un’amica:“Io so che mi è morto tra le braccia”, “è lui che mi ha detto abbracciami, è l’ultimo che ci diamo”, “e io che lo tiravo e gli sciacquavo la faccia”. Davide sarebbe morto davanti ai suoi occhi, stando a questo racconto. Ma l’autopsia ha stabilito un’altra verità: Calvia non è infatti annegato ma è stato ucciso da un “politraumatismo contusivo” che avrebbe prodotto uno “shock traumatico acuto”. Letali sarebbero state le fratture al costato e al rachide cervicale. Ma sull’origine di questi traumi non c’è chiarezza.

«È stato un omicidio – è da sempre convinta Nadia Calvia – ed è palese che mio cugino menta. Davide è stato aggredito e pestato o forse investito da una barca. Perché queste menzogne? Cosa nasconde?».

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