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Leuccio De Candia va in pensione: «I miei trent’anni con Mc Donald’s»

di Giovanni Bua
Leuccio De Candia va in pensione: «I miei trent’anni con Mc Donald’s»

Il gestore dei due fast food a Sassari: «I 120 dipendenti saranno tutti confermati»

29 ottobre 2024
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Sassari Che da dopodomani vada davvero a coltivare patate nel suo stazzo in Gallura nessuno ci crede. Perché Giuseppe Leonida De Candia, per tutti Leuccio, a 82 anni suonati, da sessant’anni non conosce ferie, festività, riposo. E solo quattro anni fa ha di nuovo scommesso una cifra a sei zeri nell’ennesima avventura di una vita fatta di visioni, coraggio e continui rilanci.

La pensione Certamente però il 31 ottobre chiuderà una lunghissima pagina della sua storia imprenditoriale, dismettendo la Gir, il Gruppo iniziative ristoro, il gigante a conduzione familiare fondato e gestito direttamente da lui, sua moglie e dal figlio Fabrizio. Il gruppo che gestisce come licenziatario lo storico Mc Donald’s dell’ex Auchan e il Mc Drive di via Predda Niedda, e che ha messo le mani nell’apertura di praticamente tutti i punti vendita dell’Isola della compagnia a stelle e strisce più famosa del mondo. Un passaggio assolutamente indolore per i suoi 120 dipendenti, alcuni con lui da più di 30 anni, che “Leuccio” racconta dal suo piccolo ufficio nel retro della sua ultima creatura, il primo Mc Drive della città, «Perché – spiega De Candia – per fare bene il mio lavoro non serve un locale sfarzoso ma essere il più vicino possibile a chi lavora insieme a te».

Indolore perché i due punti vendita passeranno alla gestione diretta del colosso statunitense tramite la McOpCo: «Con la quale – spiega De Candia – abbiamo stretto un accordo per rilevare tutti i dipendenti con gli stessi ruoli, livelli e retribuzioni. E quindi posso andare in pensione sereno, perché lascio la mia famiglia nelle migliori mani possibili. Tutto quello che sono lo devo ai miei collaboratori, alcuni con me da decenni. Con loro ho condiviso scelte e decisioni, gioie e fatiche. A loro va il mio grazie».

La storia Si scrive dunque l’ultima pagina di una storia iniziata in un minimarket in via Riccio, nel quartiere di Luna e Sole. E da un viaggio in Germania nel 1989 promosso da Lorenzo Idda, allora presidente della Camera di commercio, insieme a un gruppo di imprenditori. «Andammo a vedere come erano fatti i grandi centri commerciali, che in Italia ancora non c’erano, e studiare la loro incredibile forza di aggregazione. Rimasi folgorato, e tornai con la convinzione che quella era la strada da seguire anche da noi. Offrire servizi in quelle che sarebbero diventate le “gallerie” dove le persone sarebbero andate a passeggiare, a fare acquisti. E a mangiare qualcosa insieme».

Fast food De Candia si butta nella nascente Città Mercato, con la gestione della “pizzetteria” e della lavanderia. Da lì l’apertura del Burghy, l’insegna del gruppo Cremonini che ha portato il fast food in Italia. E, nel 1996, l’acquisizione dell’intera catena da parte dalla multinazionale statunitense della ristorazione veloce, che non riusciva a sfondare in Italia. «L’inizio di un rapporto solido e soddisfacente – sottolinea De Candia – andato avanti fino ad’ora». De Candia porta Mc Donald’s a Cagliari, apre il primo McDrive a Oristano, poi passa tutto di mano e apre a Olbia, ad Alghero, prende Sassari. È un vulcano in continua eruzione.

Rilanci «Non abbiamo mai preso un euro di dividendo – sottolinea – abbiamo sempre rinvestito tutto nelle attività. E non abbiamo mai lasciato nessuno a piedi. Anche dopo la chiusura di Alghero, arrivata per problemi legati alla mancata possibilità di espandersi, tutti i dipendenti sono stati assorbiti al Mc Drive».

Numeri Una vita fatta di lavoro, successi e difficoltà: «Superate sempre senza grandi patemi – spiega De Candia –. Anche nel periodo terribile del Covid. Mai un giorno di ritardo nel pagare gli stipendi, mai un contributo saltato. Questo grazie a ottimi rapporti umani ma anche a un rispetto totale per i “numeri”, che non mentono mai. Facciamo il bilancio due volte l’anno, il conto economico ogni due mesi. Studiamo le cifre perché da lì si capisce cosa funziona e cosa no».

Leggende Il tutto all’interno di una macchina gestita in maniera maniacale, che di fast, e junk, due degli aggettivi più spesso accostati al cibo targato Mc Donald’s, non hanno davvero nulla. «Esistono molte leggende metropolitane legate ai fast food, alle quali hanno già risposto i nostri clienti, continuando a frequentarci sempre più numerosi. Prima di tutto che sia cibo veloce, per ragazzi. E invece da noi vengono bambini, famiglie, anziani, uomini e donne di tutte le età. Mangiano un panino, un’insalata, un dolce, un caffè, prendono un giochino, si fermano pochi minuti o un’ora. E il cibo che consumano, i cui ingredienti provengono all’80% dall’Italia, sono sicuramente quelli più controllati che si possano trovare a livello di ristorazione. Check, fatti più volte al giorno, su trasporto, temperatura di conservazione, scadenza primaria e secondaria, addirittura livelli di cottura di ogni parte delle pietanze. E sono prodotti di qualità assoluta: carni di Cremonini, salumi Beretta, insalate Bonduelle, pollo Amadori, Parmigiano».

Lavoro Seconda leggenda: che sia un “lavoro veloce”, per ragazzi spremuti come limoni che lasciano appena trovano qualcosa di meglio. «Capisco che alcuni vedano il lavoro in McDonald’s come un passaggio, il modo di guadagnare qualche euro mentre si guardano intorno, ma per chi ci crede noi diamo grandi possibilità di carriera interna e lo dimostra il fatto che i nostri quadri sono tutti interni. Teniamo al nostro personale, e rispettiamo rigorosamente il contratto nazionale di lavoro. E inoltre la mia porta è sempre aperta, senza alcun filtro. Io ho collaboratori che stanno con me da più di 30 anni. Certo, non è un lavoro facile, perché si lavora nei week-end, a Natale e Capodanno, si finisce tardi la sera. E per questo spesso sono proprio i giovani a fare un passo di lato. Ma chi vuole qui dentro può costruirsi una vita».

Accuse L’ultima accusa: i centri commerciali, e il cibo veloce, hanno distrutto le botteghe del centro, i mini market come quelli da cui De Candia è partito. «Sono due modelli di business diversi. Due clientele diverse, che hanno in comune la necessità di intercettare i bisogni. E di fare bene il proprio lavoro. Chi l’ha fatto, è ancora sul mercato. E non teme concorrenza».

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