Uccise il cane ma per salvare il gregge: giudice assolve un allevatore 80enne
Si chiamava “Dante” il segugio maremmano morto. L’imputato: «Stava aggredendo le mie pecore, ho dovuto farlo»
Sassari Il 29 agosto del 2021 quando aveva visto quel cane aggredire il gregge nella sua azienda non aveva esitato a sparargli con il fucile. E “Dante”, così si chiamava il segugio maremmano, era morto. Per questo episodio, avvenuto nelle campagne tra Oschiri e Ozieri, un allevatore di 80 anni era finito a giudizio.
Era accusato di “aver cagionato per crudeltà o senza necessità la morte del pastore maremmano – era scritto nel capo di imputazione – sparandogli addosso due proiettili”. Ieri mattina, al termine della discussione nel processo davanti al giudice Antonello Spanu, è stato lo stesso pubblico ministero Ilaria Achenza a chiedere l’assoluzione dell’imputato. L’avvocato difensore Antonio Meloni ha sottolineato nella sua discussione come difettassero gli elementi costitutivi del fatto: ossia la crudeltà e l’assenza di motivo. «Il mio assistito – ha evidenziato – intendeva difendere il gregge dall’aggressione di cani idonei per la caccia al cinghiale».
Nel dibattimento è infatti emerso che quel cane di razza fosse stato addestrato dai padroni alla caccia. «Numerosi capi nell’azienda dell’imputato – ha aggiunto il legale – sono stati azzannati e per il trauma, nei giorni successivi, si sono registrati diversi aborti tra le pecore gravide». Circostanza confermata dal veterinario che ieri mattina è stato sentito come testimone. Il medico ha riferito del sopralluogo effettuato nell’ovile e ha ricordato quegli aborti sottolineando come, in casi simili, sia piuttosto frequente che le pecore non portino a termine la gravidanza. «Il mio assistito doveva salvare il suo “patrimonio”, ciò che gli dava da vivere – ha detto l’avvocato Meloni – e non ha potuto far altro che sparare contro il cane». Rilevando l’insussistenza del fatto il giudice Antonello Spanu ha assolto l’allevatore ottantenne con formula ampia.
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