Il tour nell’isola dello chef giapponese: «A Tokyo vorrei portare il porcetto» – VIDEO
Nella capitale nipponica ha un locale di cucina sarda. A Mores la prima puntata del viaggio a tema «seada»
Mores Fa un certo effetto riconoscere quel legame tipico sardo verso la propria terra, quello che infiamma viscere e pensiero, che tu sia dentro o fuori dall’isola. La Sardegna, quando le appartieni, diventa un meraviglioso tormento. Atsuyoshi Hanazawa dall’isola si è fatto travolgere, all’isola si è abbandonato.
Classe 1960, giapponese doc nato e cresciuto a Tokyo, Hanazawa nella sua vita è sempre stato un artista, muralista per la precisione. Una carriera ricca di collaborazioni molto importanti, uno studio di pittura aperto nel cuore della capitale, nell’elegante quartiere di Jiyugaoka. Circa quindici anni fa la cosiddetta “folgorazione sulla via di Damasco”: galeotto fu un lavoro commissionatogli da un ristorante sardo a Tokyo e il primo incontro con la seada. Quell’esplosione di sapori lo ha inebriato e tramortito, talmente tanto da stravolgere per sempre il corso della vita.
In questi giorni era a Mores, primo giorno del suo ottavo viaggio in Sardegna, insieme a una piccola comitiva di amici e clienti giapponesi che lo hanno voluto accompagnare in questo nuovo pellegrinaggio. Si perché ormai la Sardegna è cosa sacra per lui. «Tutto è cominciato da quell’assaggio – racconta Hanazawa, da una panchina di legno in un piccolo angolo di Mores, che guarda al campanile antonelliano – volevo sapere tutto su questo dolce e sulla Sardegna; così, grazie ad alcuni amici comuni, ho conosciuto Marco Sulas di Galusè e gli ho chiesto di creare per me un viaggio su misura, tutto a tema seada». Non cercava solo una ricetta: voleva capire, entrare nella cultura che l’aveva generata, scoprirne i segreti, i gesti, le mani, le storie. «Quella che poteva sembrare apparentemente una follia – ricorda Marco Sulas, ormai amico fraterno e punto di riferimento di Hanazawa in Sardegna – si è tramutata per tutti in una favolosa occasione: per noi di cimentarci in un progetto estremamente sfidante grazie al quale abbiamo compreso meglio come raccontare e promuovere la nostra terra, mentre per Hanazawa questa straordinaria esplosione di passione verso il nostro popolo, le tradizioni, i luoghi e ovviamente l’enogastronomia ha permesso di trasformare un’idea bizzarra in realtà in meno di sei mesi».
Nel 2013 apre il Seadas flower caffè, nel cuore di Jiyugaoka, non un semplice ristorante ma un angolo autentico di Sardegna in Giappone che Hanazawa gestisce personalmente, insieme ad Akiko Okabe, dividendosi tra fornelli e colori. Un luogo che non solo serve piatti sardi, ma racconta la Sardegna, ogni giorno, tutto l’anno. Un’impresa vera, cresciuta con dedizione, passione e rispetto. Lì tutto parla di Sardegna: le pareti sono decorate con maschere tradizionali, tappeti, ceramiche, fotografie. La cucina è un omaggio sincero: gnocchetti, culurgiones, pane carasau, vini sardi e naturalmente le seadas, vero simbolo del locale.
«Siamo diventati piuttosto bravi e fedeli all’isola, realizzando i suoi piatti tipici, ma purtroppo soltanto uno mi è impossibile da replicare in Giappone: il porcetto. Nel mio Paese è molto complicato reperire il maialino da latte – ci spiega Hanazawa – e così resta ancora un desiderio inespresso, far provare ai miei amici e clienti giapponesi questa prelibatezza unica. Ne andrebbero matti». Non è solo un ristorante, però. Il Seadas Flower Caffè è anche la sede dell’Associazione Isola Sardegna Giappone, punto di riferimento per i sardi residenti nel paese del Sol Levante e per chi, incuriosito da un piatto, finisce per innamorarsi di un’intera cultura. Il locale è diventato un piccolo ambasciatore d’isola: racconta storie, tradizioni, promuove esperienze, scambia emozioni. Il legame con la Sardegna è diventato per Hanazawa una missione personale. Non si limita a riprodurre piatti o vendere souvenir: racconta l’anima dell’isola a chi non la conosce, la traduce con sensibilità, la restituisce con cura. Ogni volta che torna in Sardegna, come questa volta, è un ritorno a casa, ogni visita un’occasione per imparare, scoprire e raccontare.
La sua mappa affettiva si allunga ogni anno: Tonara, Aritzo, Nuoro, Alghero, Castelsardo, Cagliari, ogni luogo lascia un segno e si riflette poi in un dettaglio del suo ristorante, in un ingrediente, in un ricordo condiviso con i clienti. In questi giorni, accompagnato da Marco Sulas, il gruppo sta vivendo un viaggio esperienziale alla scoperta di una nuova parte dell’isola autentica: da Usini a Mores, dalle coste di Orosei alle strade della Barbagia, tra Bitti, Nuoro e Dorgali, fino alla Marmilla. Un itinerario disegnato per toccare luoghi, sapori e persone, la Sardegna meno patinata, che si concluderà il 23 aprile proprio come tutto è cominciato: nel 2013 a Tonara, questa volta a San Gavino Monreale, Hanazawa realizzerà come omaggio per l’isola un murale a testimonianza di questo incredibile legame con la terra sarda.