La Nuova Sardegna

Il traffico di droga

Viaggio in Colombia fra i contadini ostaggio dei narcotrafficanti

di Giulia Bignetti*
Viaggio in Colombia fra i contadini ostaggio dei narcotrafficanti

Business miliardario per alcuni gruppi favorito dall’isolamento sociale ed economico di tanta parte della popolazione rurale che viene costretta a coltivare la coca

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Nelle strade di Medellín, Bogotà, Cartagena e Cali, tra gli scorci paradisiaci naturali, si scrive una delle pagine più oscure della storia colombiana: è quella del narcotraffico, un business miliardario, un sistema che ha modellato vite, cultura e speranze di milioni di persone.

Si può raccontare la storia del narcotraffico colombiano sotto molteplici aspetti. Gli anni ’70 e ’80 del Novecento sono stati il trampolino di lancio per un paese destinato ad assumere una posizione decisiva ed impattante nel mondo, ma dietro le popolari figure di Pablo Escobar, Griselda Blanco, i fratelli Orejuela, la famiglia Ochoa e tanti altri, si nascondono le realtà delle famiglie che vivono accanto all’Amazzonia colombiana. Infatti, le vere fondamenta che reggono tutto il mercato sono proprio quelle piccole realtà di campagna dove si coltiva la pianta di coca: si tratta di luoghi immersi nella natura, scollegati da strade, non segnalati sulle mappe. Come è difficile raggiungere queste aree da fuori, da fuori è complesso raggiungere la città: in elicottero sono necessarie ore prima di poterci arrivare.

L’isolamento e il disagio economico hanno spinto i contadini ad accettare che nei propri terreni si piantasse della coca in cambio di pochi pesos. La posizione strategica di queste microaree favorisce le organizzazioni criminali. Il governo della Colombia ha provato a combattere questo tipo di criminalità, ma senza grandi risultati. Per un breve tempo è stata adottata la diffusione dell’insetticida-erbicida “diazinon”, successivamente dichiarato tossico e cancerogeno. In seguito, sono state programmate spedizioni militari per sradicare tutte le piante di coca. Una delle ultime soluzioni proposte dal governo colombiano è stata il “National Comprehensive Programme for the Substitution od Crops Used for Illicit Purposes”, un contratto che è stato proposto ai contadini per sostituire tutte le piante di coca con piante da frutto, in cambio di 1 milione di pesos al mese (220 euro).

Ma perché pochi accettano questo contatto? Il problema principale, considerata l’assenza di strade, è il trasporto della frutta dal luogo di raccolta al mercato. E così i contadini aderiscono all’illegalità, continuando la lavorazione della coca in pasta di coca che le organizzazioni criminali ritirano e raffinano in enormi capannoni adibiti a laboratori clandestini. I dati della White House Office of National Drug Control Policy riferiscono che la coltivazione di coca in Colombia è in continuo aumento. La capitale Bogotá non è direttamente coinvolta nella produzione o trasformazione della cocaina, ma ha un ruolo strategico come centro amministrativo e logistico. Al contrario, le città di Cali e Medellìn sono state sempre rivali nella produzione e nello smercio: Cali si è contraddistinta per i suoi collegamenti diretti alle aree rurali; Medellìn si è occupata della produzione ma anche dell’esportazione della cocaina in tutto il mondo.

Ogni giorno ragazzi di tutte le età in cerca di denaro, decidono di collaborare con associazioni a delinquere e vengono utilizzati come esche per fare i lavori più pericolosi ed ignobili, come fattorini o sicari, finendo spesso per perdere la vita.

L’artista colombiano Fernando Botero (1932 – 2023) ha contribuito alla lotta contro la violenza e la brutalità, criticando la corruzione e rappresentando la sofferenza del suo popolo: un’opera particolarmente caratteristica è “El secuestro” che rappresenta una scena di prigionia. Nella tela le vittime aspettano la liberazione dai narcotrafficanti. Botero scuote la coscienza dello spettatore e lo induce a riflettere sulle sofferenze delle vittime in un Paese intrappolato tra violenza e corruzione. Il narcotraffico in Colombia, tuttavia, non potrà mai cancellare la forza di un popolo resiliente che, tra il caos sociale, continua a sognare, a lottare e a sperare in un futuro dove la libertà e la pace siano più forti di ogni droga, ogni traffico, e ogni ombra che ha oscurato la sua terra.

*Giulia frequenta il liceo Pira di Siniscola

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