La Nuova Sardegna

Le polemiche animaliste

Non c’è crudeltà al carnevale di Ovodda, la cultura dell’isola va rispettata

di Ilaria Canudu*
Non c’è crudeltà al carnevale di Ovodda, la cultura dell’isola va rispettata

Le pecore non vengono uccise per divertimento: chi lo dice parla senza sapere

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È proprio vero, si può passare dalla ragione al torto con uno schiocco di dita. Recentemente un attivista animalista e ambientalista ha scatenato un’accesa polemica commentando le usanze legate al carnevale di Ovodda. Penso che ognuno abbia il diritto di esprimere la sua opinione e di portare avanti le proprie idee, se le ritiene giuste e legittime, ma questa libertà di espressione non dà il diritto di offendere una regione, un intero popolo. Io stessa non ho amato le foto pubblicate sui social, in particolare quelle ritraenti pelli di pecore ancora sporche di sangue, perché vedere il sangue non è piacevole per tutti anche per questo è normale che ci siano state delle reazioni negative, ma prima di esprimermi pubblicamente, come ha fatto lui, ho cercato di capire il motivo di queste usanze e di questa tradizione.

Prima di dire che si trattava di pecore uccise per il solo gusto di divertirsi, avrei fatto qualche ricerca più approfondita. Il carnevale di Ovodda è famoso per la sua stravaganza, ma dietro alcune scene non c’è  follia o crudeltà come lui definisce, ma un’antica tradizione che rimanda ai riti sacrificali, nei quali gli animali non vengono sacrificati per divertimento , e nemmeno per fare scena, perché la carne viene consumata e solo le pelli vengono esposte. Si può non condividere una determinata tradizione, se la si conosce, ma a prescindere è scorretto generalizzare ed estremizzare dei concetti facendoci passare per persone crudeli, offendendo tutta una regione e una cultura. Trovo che la polemica sia stata alimentata dalla superficialità con la quale sono state strumentalizzate foto e i video per attirare consensi nel mondo animalista, senza tenere conto del fatto che la Sardegna, in fatto di attenzione verso il benessere animale è particolarmente esperta e che un paio di foto,  non contestualizzate, non possono essere usate per rappresentare negativamente tutta la cultura della Sardegna.

L’attivista non si è limitato a criticare un evento ma ha voluto andare ben oltre ad esempio criticando, durante delle dirette sui social nelle quali si scontrava con utenti sardi,  l’uso della lingua sarda definita da lui ostrogoto, e i sardi definiti impossibili da “civilizzare” poiché non in grado di parlare l’italiano. Queste sono parole dettate dall’ignoranza su una cultura millenaria che rispetta la terra e gli animali. In Sardegna nelle migliaia di allevamenti gli animali sono trattati con amore e dedizione perché è questo che viene insegnato da generazioni nelle famiglie di pastori. In Sardegna i sardi parlano due lingue: l’italiano e il sardo, lingua della quale andiamo fieri perché ci rende ancora più ricchi. La lingua sarda è un patrimonio identitario e il fatto che qualcuno non la capisca e ci giudichi strani, non definisce noi antichi, rudi, incivili bensì loro presuntuosi, superficiali. In Sardegna vivono persone che possono anche litigare quotidianamente ma che quando sentono un insulto verso la propria terra e i propri fratelli, si uniscono per difendersi a vicenda. Forse, sotto sotto, c’è un po’ di invidia, per un luogo in cui i valori di famiglia, lavoro, coesione, esistono ancora, un luogo che, in quanto a civiltà, ha tanto da insegnare.

*Ilaria frequenta il Liceo Scienze Umane Sebastiano Satta Nuoro

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