«Perché il calcio sì e gli altri sport di contatto no?»
Campus (Cus Sassari) chiede che il governo dia l’ok alla ripresa degli allenamenti di gruppo
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SASSARI. Perché il calcio sì e il basket no?». Claudio Campus, dirigente della sezione Pallacanestro Cus Sassari, attende da settimane che il governo dia l’ok alla ripartenza degli sport da contatto.
«Non solo il basket – afferma – ma anche calcetto, beach volley, pallavolo, arti marziali, rugby. È ora che gli atleti tornino ad allenarsi in gruppo».
In attesa del via libera da parte del governo, il Cus Sassari ha riaperto gli impianti di San Giovanni. Da qualche giorno gli atleti delle squadre dei vari campionati under e della serie D regionale hanno ricominciato ad allenarsi pur nel rispetto delle prescrizioni imposte dall’emergenza sanitaria.
«I ragazzi – spiega Campus – hanno ripreso gli allenamenti, ma si allenano ognuno per conto proprio dal momento che non possono scambiarsi la palla né simulare azioni di gioco. L’unica cosa che possono fare è tirare a canestro, dopo aver sanificato la palla, ovviamente. È tutto così strano...».
«Mi auguro – prosegue il dirigente del Cus Sassari – che la situazione venga risolta nel giro di qualche giorno perché i professionisti hanno bisogno di allenarsi in gruppo. È necessario in vista della ripresa dei campionati».
Il problema è che il governo non sembra trovare una soluzione. Un mese fa il ministro dello sport Vincenzo Spadafora aveva promesso entro il 15 giugno la ripartenza degli sport da contatto. E invece, niente da fare. Dal 15 giugno sono passate due settimane e per milioni di appassionati ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. E se la politica sembrava intenzionata a dire “sì”, questa volta a dire “no” è stato il Comitato tecnico scientifico, il pool di esperti che consiglia il governo sulle scelte più opportune da mettere in atto per contrastare il virus.
«Non capisco perché si possa giocare a calcio ma non a basket, stiamo parlando sempre di uno sport di contatto – ripete Campus – Poi, è ovvio, che si debbano rispettare le prescrizioni, come disinfettarsi le mani e non giocare se si ha la tosse o la febbre, ma queste sono regole di buon senso. Mi auguro che il governo comprenda che in questo modo si stanno imponendo ulteriori sacrifici a migliaia di operatori del mondo sportivo. Sacrifici incomprensibili se accendo la tv e vedo i calciatori in campo che si abbracciano». (g.z.)
«Non solo il basket – afferma – ma anche calcetto, beach volley, pallavolo, arti marziali, rugby. È ora che gli atleti tornino ad allenarsi in gruppo».
In attesa del via libera da parte del governo, il Cus Sassari ha riaperto gli impianti di San Giovanni. Da qualche giorno gli atleti delle squadre dei vari campionati under e della serie D regionale hanno ricominciato ad allenarsi pur nel rispetto delle prescrizioni imposte dall’emergenza sanitaria.
«I ragazzi – spiega Campus – hanno ripreso gli allenamenti, ma si allenano ognuno per conto proprio dal momento che non possono scambiarsi la palla né simulare azioni di gioco. L’unica cosa che possono fare è tirare a canestro, dopo aver sanificato la palla, ovviamente. È tutto così strano...».
«Mi auguro – prosegue il dirigente del Cus Sassari – che la situazione venga risolta nel giro di qualche giorno perché i professionisti hanno bisogno di allenarsi in gruppo. È necessario in vista della ripresa dei campionati».
Il problema è che il governo non sembra trovare una soluzione. Un mese fa il ministro dello sport Vincenzo Spadafora aveva promesso entro il 15 giugno la ripartenza degli sport da contatto. E invece, niente da fare. Dal 15 giugno sono passate due settimane e per milioni di appassionati ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. E se la politica sembrava intenzionata a dire “sì”, questa volta a dire “no” è stato il Comitato tecnico scientifico, il pool di esperti che consiglia il governo sulle scelte più opportune da mettere in atto per contrastare il virus.
«Non capisco perché si possa giocare a calcio ma non a basket, stiamo parlando sempre di uno sport di contatto – ripete Campus – Poi, è ovvio, che si debbano rispettare le prescrizioni, come disinfettarsi le mani e non giocare se si ha la tosse o la febbre, ma queste sono regole di buon senso. Mi auguro che il governo comprenda che in questo modo si stanno imponendo ulteriori sacrifici a migliaia di operatori del mondo sportivo. Sacrifici incomprensibili se accendo la tv e vedo i calciatori in campo che si abbracciano». (g.z.)