Lo scudetto del Cagliari compie 55 anni
I sedici eroi rossoblù e un’impresa diventata leggendaria
Cagliari Lo scudetto del Cagliari compie 55 anni. Era il 12 aprile del 1970 quando i rossoblù vinsero 2-0 contro il Bari all’Amsicora scavando un distacco incolmabile sulla Juve a due giornate dalla fine del campionato. Uno scudetto infinito. Perché ancora oggi se ne parla, ancora oggi viene definito come una impresa straordinaria, qualcosa di incredibile perché riuscì a sovvertire le gerarchie del calcio italiano, mettendo in fila dietro i rossoblù Juventus, Inter e Milan. Si è scritto tanto su quel risultato, sino a fare analisi sociologiche e a definire quella vittoria come la porta d’ingresso della Sardegna nell’Italia. In realtà, al di là di tutto, resta un risultato storico che, proprio per questo, non è stato dimenticato , e non è seppellito sotto la coltre dei successivi 55 campionati che si sono disputati da allora.
Molti di quei giocatori che fecero l’impresa oggi non ci sono più. A cominciare da Gigi Riva. Per proseguire con Mario Martiradonna, Eraldo Mancin, Giulio Zignoli, Comunardo Niccolai, Claudio Nené, Bobo Gori e Cesare Poli e il loro condottiero, l’allenatore Manlio Scopigno. Altri sono ancora lì a raccontare con le loro parole quella che sembrava una mission impossible e che invece come un sogno venne realizzata: Enrico Albertosi, Pierluigi Cera, Beppe Tomasini, Angelo Domenghini, Mario Brugnera, Ricciotti Greatti, Adriano Reginato e Corrado Nastasio.
Erano sedici, una rosa ristretta anche per quei tempi quando in panchina andava il portiere di riserva e solo un altro giocatore. Eppure la fortuna aiutò quel manipolo di atleti. Pochi infortuni: Riva saltò giusto una gara e nel girone di ritorno l’ultima parte del torneo non fu giocata da Tomasini che nel ruolo di libero venne sostituito da C’era, un’altra invenzione di Scopigno copiata poi da Valcareggi nei mondiali di Messico 1970.
Quel Cagliari detiene ancora un record, quello della difesa meno battuta nei campionati a 16 squadre: appena 11 reti (di cui due autoreti) subite in 30 partite. Perché la difesa ermetica era uno dei punti di forza del grande Cagliari. L’altro era la presenza in attacco di Gigi Riva. Infatti l’infortunio dopo 4 giornate nella successiva stagione quando il Cagliari era già solo in testa alla classifica con 3 vittorie e un pareggio, precluse il secondo scudetto di fila ai rossoblù.
Chissà, magari solo il segno del destino, cioè che lo scudetto del 1970 rimanesse unico, una storia da raccontare ai nipotini nelle sere d’inverno davanti al caminetto. Già, un’impresa d’altri tempi compiuta da eroi usciti da un libro di Epica.
Pochi giorni fa Francesco Repice, uno dei radiocronisti sportivi più conosciuti della Rai, ha raccontato sul profilo Centrocampo do Instagram un aneddoto legato al suo primo incontro con Riva nel 1998 ai mondiali di Francia quando l’ex bomber del Cagliari era il dirigente accompagnatore degli azzurri.
«Mi mandarono a sorpresa nel ritiro della nazionale perché quel giorno doveva parlare proprio Gigi Riva. Capirete, trovarsi davanti Gigi Riva per la prima volta, non sapevo cosa dire. Mi tremavano le gambe. Per me Rombo di tuono era una figura mitologica, molti della mia generazione pensavano non fosse reale, ma un personaggio della fantasia talmente era un eroe leggendario». Un racconto che dà l’idea di cosa è stato Riva per il calcio italiano (ancora capocannoniere azzurro con 35 gol in 42 partite) e per quel Cagliari. Il trascinatore di un gruppo che ancora oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, fa parlare di sé mettendo in dubbio che realtà e fantasia si siano incrociate per scrivere un capitolo unico nella calcio.