«Anna, sola di fronte alla fine del mondo»
“Sulla terra leggeri”: Ammaniti parla del suo ultimo romanzo
SASSARI. Ascoltare Niccolò Ammaniti che si racconta, tra letteratura e sprazzi di vita privata, è un po’ come leggere i suoi libri. La prima parola che viene in mente è “fluviale”, e infatti, come nelle sue trame fitte di colpi scena, anche quando parla ti prende e ti lancia dentro un gorgo dove passato e presente, sogno e realtà, vero e simbolico si attorcigliano stretti. Ma è un gorgo dove chi ascolta si trova benissimo e – per citare un suo libro –non ha paura.
È andata così anche a Sassari, venerdì sera, sulla terrazza del Vecchio Mercato Civico. Il pubblico se ne stava stipato immobile a sentirlo dialogare con la scrittrice Paola Soriga. L’intervista è partita da “Anna”, il libro più recente dello scrittore romano, che, arrivato alla celebrità con “Io non ho paura” (2001), ha vinto il Premio Strega nel 2006 con “Come Dio comanda”.
“Anna” (Einaudi, 2015) è la storia di una tredicenne che, in un mondo dove un virus ha sterminato chiunque abbia compiuto almeno quattordici anni, deve trovare il modo di sopravvivere, salvando anche il fratellino più piccolo. Tutt’intorno è un deserto: niente acqua corrente, niente elettricità e – conseguenza agghiacciante per un adolescente – niente internet. L’unica bussola è un quaderno-enciclopedia dove la madre, prima di morire, ha annotato considerazioni e consigli.
Dal plot Ammaniti è decollato per un racconto travolgente tra ricordi adolescenziali – «Da ragazzino mi immaginavo che gli adulti e le loro regole, sparissero dalla Terra, mentre io andavo a vivere al Quirinale. Tutti tranne Edwige Fenech, l’unica sopravvissuta, che cercavo di contattare con un appello alla radio» – e riflessioni sul presente: «A quasi cinquant’anni – ha ammesso – mi sono concesso di scrivere un romanzo che, nonostante le apparenze, è pieno di speranza». Poi ha sottolineato come «creare, per la prima volta, una protagonista donna non sia stato facile. Almeno finché ho capito che era la ragazzina di cui mi sarei innamorato a tredici anni: sicura, testarda, femminile ma anche leggermente maschile». Una piccola guerriera che attinge la sua forza dal fatto di trovarsi in una fase speciale della vita. «Un momento di passaggio unico – ha raccontatp Ammaniti – in cui, da una parte, c’è la perdita dei valori trasmessi dalla famiglia e, dall’altra, la scoperta del gruppo e la ricerca di una individualità».
L’adolescenza è da sempre uno dei temi dello scrittore, già a partire dal saggio “Nel nome del figlio”, scritto col padre, lo psicanalista Massimo Ammaniti. Con “Anna”, però, si è anche preso una piccola rivincita sulla narrativa americana. «Ho già scritto racconti di fantascienza, ma mai romanzi sull’argomento – ha spiegato – Due libri che mi hanno formato, insieme a “Zanna Bianca” e al “Richiamo della Foresta”, che amo per il rapporto tra uomo e animale, sono i romanzi di fantascienza “La nube purpurea” e “Io sono leggenda”. Nel mio secondo libro di racconti (“Fango”) scrivevo di uno studente universitario romano che diventava zombie, perché non sopportavo che tutte le invasioni di non morti si svolgessero sempre nei supermarket americani o per le strade di New York»